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Briehne

Ultimo Aggiornamento: 23/11/2014 15:36
OFFLINE
Post: 1
Città: ANZIO
Età: 47
Sesso: Femminile
23/11/2014 15:32

Nome pg: Briehne
Provenienza: Norvegia
Aspetto: di anni 20, capelli biondi, occhi azzurri. Altezza 172cm per un peso di 52kg, corporatura asciutta
Descrizione caratteriale: Tempra forte, scostante nei modi, delle volte insensibile, testarda ed orgogliosa, dolce se la si prende nel modo giusto
Karma punti:551
Allineamento:Catotico Neutrale
Skill da bg richiesta: esperienza di armi da guerra leggere [liv1]


Nacqui in terre norvegesi, in una notte illune, dove l'aria, talmente gelida si piantava nelle carni come stiletto, con un sole inesistente a causa di un cielo perennemente uggioso, dove la neve invece di placarsi scendeva fitta tinteggiando cime di montagna,che vicine eppur distanti per l'essere separate dal grande mare del Nord.
La roccaforte sorge cinta tutto intorno da cinta murarie, il perimetro costeggiato dal bosco, a sud ovest le ricche sorgenti, scendendo più a valle dove s'incontra il fiume intervallato dalla cresta di ghiaccio formatasi con il rigore dell'inverno.
Il mio primo vagito fu a metà tra un grido di vita e di rivalsa, per incuria mia madre morì...ricordo, o forse solo una percezione, di quando per la prima volta aprii i miei occhi immersi nei suoi, la manina stringeva la sua tenendomi tra le braccia e vedendomi come una goccia d'acqua in tutto simile a colei che mi diede alla luce. Un istante soltanto, un lieve contatto che resterà impresso nella mia mente, poi,altre mani mi sollevarono strappandomi da lei. Piansi nell'esserne separata, sommate ad altre grida di dolore, a lamenti di angoscia. Riunita la corte, mio padre non volle nemmeno prendermi in braccio, mio padre mi chiamò assassina, la mia colpa più grande...nascere; così invece di esser celebrata a festa per un nuovo nato si celebrò il funerale per Aud tra il costernato di nobili e meno nobili, mentre io venni affidata ad una balia, ma in un'ala separata dal maniero, ci si dimenticò di quella bambina con lo scorrere dei giorni, e perfino le mie lacrime non furono importanti, i miei singhiozzi taciuti nell'indifferenza, ed intanto Kadon assieme a saggi e consiglieri decideva la mia sorte, essendo questo trincerato dietro il dolore per la perdita ancora fresca.
La morte venne ben presto a trovarmi, tra la fame e la sete la scure aspettava solo di esser placata con il sangue di un innocente, ma la mia nutrice non nutriva di questi propositi, e di nascosto mi dava il suo latte; con la pienezza di una luna piena ogni notte veniva da me, ed ancora adesso pur non ricordando il suo volto mai potrò scordare chi invece di esultare per una mia possibile dipartita mi diede lo sprone di andare avanti. A consiglio giunto al termine il mio unico genitore, nonché cavaliere comprese le proprie responsabilità nei miei confronti, per questo venni allevata: fino a 10 anni potei restare nella mia dimora natale, poi mi avrebbe affidata ad un mercante, suo amico d'infanzia, che mi avrebbe insegnato il mestiere e contemporaneamente allontanata dalla vita a palazzo.
I primi anni videro una bimbetta taciturna, ombrosa e incapace di socializzare con i miei coetanei, nella rocca ve ne erano in molti, figli di famiglie dal cognome importante, tra borghesia e nobiltà fintanto alla servitù... la differenza di classe si evidenziava anche, ma sopratutto nei giochi di noi infanti, ma io ero insofferente alle regole, rifiutavo l'autorità raffigurata in coloro che possedevano il potere, e che solitamente si tramutava in ordini e podestà genitoriale.
Tutti sapevano, ognuno di loro additava me, superstizione legava quella gente, compreso mio padre, mai un gesto affettuoso, mai una carezza, c'era la paura, il disprezzo e la pura follia. Con le loro sciocche credulonerie non ebbi mai una vera infanzia felice, maggiormente iniziai a costruirmi uno scudo attorno, sentimenti di odio, di vendetta mi covavano dentro, ma c'era anche la pena, lo sconforto di non possedere alcuna memoria di colei che mi portò nel suo ventre, se non quell'effimero contatto, l'unica cosa che mi induceva a non spegnermi.
Poi, ad un pomeriggio inoltrato la mia collera venne fuori, improvvisa e fuori controllo, quando per una semplice lite tra ragazzini uno di loro mi sputò in faccia. Fu tanto il livore, tanta l'angoscia, tanto l'ira da farmi dimenticare ogni cosa, scordai il mio piccolo corpo, dimenticai dove mi trovavo, tutto..eccetto ciò che mi stava davanti, e che incarnava ognuna di quelle figure atte a giudicarmi, disprezzarmi. Non volli ucciderlo, ma in quel momento sarebbe successo, poiché sorda a qualsiasi cosa. Mi separarono bruscamente dal fanciullo, ancora grida, ma questa volta chi si trovava attorno a me reclamava il mio congedo, e il mio allontanarmi dal borgo.
Il giorno dopo venne il mercante, mandato a chiamare da mio padre, a lui venni affidata, un uomo che non mi piacque, ancor prima di conoscerne il nome...... Simen. Assieme a questi me ne andai.. avevo 8 anni, possedevo una certa maturità che poi avrei acquisito appieno negli anni dopo, non ebbi nessuna lacrima, mi girai però verso la cittadella,e per l'ultima volta me la impressi per bene nella mente, prima di essere scortata via da un uomo ed un futuro ignoto.


Viaggiai con il mio tutore, una settimana buona, la temperatura rimaneva intatta, tra neve e pioggia, senza né pause né riposo, giungendo nella città di Ethis, importante per i suoi traffici costieri, materie prime come farina, orzo, e avena pervenivano sopratutto via mare tra uno scalo e l'altro.
A 10 anni ero abbastanza curiosa da girovagare per le strade chiassiose, dopo il tramonto, quando smettevo di aiutare Simen con il suo lavoro, e quando questi si ritirava nel casolare.
A sua insaputa iniziai ben presto a rubare, piccoli furti nel sottrarre qualche borsello ai passanti, ma, non essendo brava incappavo nelle ire, restia alla disciplina, disubbidivo di sovente, e quando questo avveniva, venivo punita duramente.
Lo scorrere delle stagioni mi vedeva pelle e ossa, non mangiando abbastanza mi cibavo tramite la mia arte: qualche mela, selvaggina che di nascosto prendevo introfulandomi nelle dispense altrui., capivo che per sopravvivere non avevo scelta, e così affinai il mio corpo in vari esercizi di destrezza, sottraendo di nascosto una delle tante spade che il mercante il giorno dopo avrebbe messo in mostra assieme a masserizie e gingilli vari. Con il cuore in gola, per il timore di essere scoperta correvo nel cortile antistante, e qui mi allenavo da sola. Di giorno, e con una certa svogliatezza assistevo alla compravendita, sistemavo le casse, scendevo a trattare per un giusto prezzo, il denaro finiva tutto nelle tasche del mercante, accontentandomi di un pezzo di pane che mi lanciava lontano, e che io correvo a prendere,trattandomi come un cane. Accettavo la mia sorte, la mia vita di prima fu cancellata, sostituita da ben altre necessità..e intanto continuavo, senza farmi vedere ad allenarmi, migliorando leggermente, i muscoli delle braccia più tonici, riuscivo a tenere il gladio in una mano sola, rudimentale ma sufficiente, che mi salvò la vita.
Infatti Simen, accortosi che ritardavo frequentemente a rincasare si mise a cercarmi nella piazza principale, al molo, oppure nelle taverne, e c'era chi, pur di raccontare qualche pettegolezzo raccontava della carne, qualche collana, addirittura del denaro scomparso, ma senza mai menzionare l'autrice di tali accadimenti, poiché il tutto veniva eseguito a insaputa di questa gente.
Ciò non toglie che il tutore scoprì come la ragazzina mentiva, d'istinto gli venne il dubbio, passando dal retro dove veniva posto il banchetto assieme agli oggetti vari, e s'accorse che una lama era sparita. Con gli occhi iniettati di sangue la scoprì brandire una sua proprietà, e in quel momento io fui paralizzata nel vedermelo davanti, con la bocca distorta e le mani chiuse a pugno.
Avrei voluto parlare, trovare una giustificazione, ma non feci in tempo nemmeno a respirare, lui mi colpì in faccia, con tale forza da spaccarmi un labbro : < piccola schifosa, ti insegno io a disubbirmi ancora> e intanto continuava a battermi, rotolai a terra, calci nei fianchi, tra il dolore di quelle percosse abbassai gli occhi...e vidi che la mia mano destra non aveva mai abbandonato l'arme.
Frattanto che i colpi percuotevano, sordo a qualsiasi ragionevolezza, con il viso trasfigurato dalla rabbia, continuava a urlare < Raidun avrebbe dovuto ucciderti subito, invece di affidarti a me..non ho bisogno di una inetta come te>
un lampo attraversò la mia mente, reminescenze, non ricordi, ma di quel poco che conservavo fu abbastanza per mettere assieme i tasselli, che andavano a comporsi come tessere di una tela; uccidere non mi piaceva, costretta per una scelta che non veniva da me ma legata al mio attaccamento al mondo terreno, non accettavo l'idea della morte, per questo il mio braccio puntò il debole dell'arme verso colui che, lo sapevo, non si sarebbe fermato, affondai la punta nell'addome dell'uomo fino al forte. Simen ebbe un grido strozzato, dallo sguardo sorpreso, poi più nulla, si accasciò al suolo come un fantoccio.
Mi risollevai con fatica, il dolore fisico che provavo era nulla in confronto a quelle parole, che insinuanti continuavano ad essere sussurrate con perfidia dalla mia voce interiore., mi trovavo impotente a rintracciare quello che era mio padre ma senza sapere al tempo stesso che lo fosse, ero un'assassina forse? Contemplavo il mercante riverso al suolo, il sangue fluiva fino a seccarsi, disgustata per ciò che avevo fatto mi allontanai zoppiccando, verso il molo.


A dodici anni tornai in Norvegia. Dopo aver raccolto informazioni, estorte sotto tortura mi imbarcai su una nave, atraccando allo stesso molo, li, dove tutto era iniziato. Tornavo ma completamente diversa, sia nell'indole che fisicamente, il mio corpo accenava a mutare, meno magro e più asciutto, il mio carattere forgiato dalla stessa lama che ora pendeva al mio fianco, sola, poiché non ho mai gradito la compagnia. Raggiunto il barbacane, due guardie atte a presidiarne il varco, mi videro ma non mi riconobbero, come io non riconobbi loro < annunciate a Raidon che Briehne desidera parlamentare con lui> fu tale la determinazione, sia nelle parole che nello sguardo, da far si che venne introdotta nel presidio interno, da qui verso il borgo. Venni accompagnata in una stanza fin troppo austera, tra i numerosi trofei e degli scudi appesi alle pareti, le torce infisse nei loro appoggi nella pietra salda costeggiandone le pareti, la loro luce disegnava intrecci inquietanti sul viso della ragazza. Al padre bastò guardare quei capelli dorati, quei tratti fin troppo simili, per capire che, chi aveva di fronte era la figlia..eppure non lo disse mai, fui io anzi a rivolvergli parola < ho saputo da Simon..che io appartengo a queste terre, il sangue e la carne mi legano a questo luogo, non so chi tu sia, ma in nome di ciò che reclamo quale mio diritto non lascerò mai più la Novergia., posso vivere fuori dal maniero se lo desidero, ma non abbandonerò mai la mia terra natia>
e fu curioso..trovarmi faccia a faccia con colui che invece di amarmi mi ripudiava, e mentre lui, dietro il silenzio taceva la verità, io non mi accorsi di niente, se non di ricominciare da qualche parte, di prendere in mano le redini del mio destino..ed il caso volle che egli acconsentì, che sia stato per rimorso o provare a riallacciare un contatto con chi credeva morta, mi fece restare a palazzo, mi diede una stanza,ma sopratutto mi diede un maestro d'armi.
Il mio introdurmi alla scherma iniziò con la fine dell'inverno, con l'inizio della primavera l'aria odorosa di profumi pervadeva dalle finestre lasciate aperte, e sebbene il gelo mantenne la sua presenza il fiume tornava a scorrere per lo sciogliersi del ghiaccio. All'inizio fu dura: tra il negare l'autorità, su coscie, gambe, e braccia portato i lividi nati da quelle prime sessioni, inoltre il mio ignoto padre mi affiancò un'istitutore alfine di apprendere scrittura e lettura, e fu altrettanto peggio che delle ripercussioni sul mio giovane corpo, non ne volli sapere di regole, ancora di più l'autorevolezza di chi, tra il mio mentore e il dotto chiamato ad istruirmi, almeno in maniera rudimentale invece esigendo ubbidienza...ramanzine, punizioni erano all'ordine del giorno
Progredivo, come una spugna assorbivo la spiegazione teorica, da come si componeva una spada, ad un'arco, fino al passare alla pratica, inizialmente con spade di legno, poi con quelle vere, non ebbi mai un momento libero, preso com'ero dagli esercizi, dall'altra iniziai a destreggiarmi sempre meglio con il leggere e scrivere, poi, quando, troppo stanca per aprire anche solo gli occhi il buon saggio mi narrava le sue storie, raccontandomi degli elfi, della guerra vissuta, fino a citarmi anche quelle più temute, ed in tutto questo esisteva la mia volontà, senza risparmiarmi, lottando, anche se poi rifulgevo a comandi verbali e rimbrotti.
Kadon assisteva ai duelli tra me e la vecchia guardia, in parte da chi riferiva, in parte presenziando di persona, notando, non senza stupore come acquisivo rapidamente, poi, quando, per la prima volta disarmai il mio avversario furono le parole del mio genitore udite < domani ci sarà un torneo nell'arena, il compenso è in denaro, se vuoi partecipare iscriviti alla sesta ora> .
Fu sempre mia la scelta, non permettendo ad altri di decidere, non mi interessava parteciparvi, gli altri mi erano indifferenti, il mio interesse era per il pagamento che avrei ricevuto dietro tale scontro, e così il giorno dopo andai a registrarmi nelle liste come indicato. Il mio primo torneo mi vide giovanissima, il mio antagonista veniva dal mediterraneo, tra il vociare della folla ed il nitrire dei cavalli si diede il via a tale competizione. Più alto e robusto di me iniziai rapidamente a perdere campo, il maschio puntava a disarcionarmi dalla sella, riuscendo a sbilanciarmi verso destra, la mia spada con uno sgualembro..dall'alto verso il basso, da destra verso sinistra, colpendo tra il collo e la spalla sinistra, facendolo cadere dal palafreno. Sotto gli occhi di tutti, scesi da cavallo, il clangore, acciaio contro acciaio, tale duello venne fermato quando gli puntai la punta contro la gola scoperta.
Iniziai perciò a tenere vari tornei, mentre il mio maestro d'armi continuava ad istruirmi e a battersi, tra i racconti storici, geografia, calcoli, uscendo dal mio stato di analfabeta, nutrendo la curiosità di scoprire ogni resoconto di una guerra mai giunta al termine..ed intanto la mia fama giungeva di voce in voce, da orecchie dapprime disinteressate, poi sempre più incalzate da una discreta bravura che mi diede l'opportunità di lavori sempre più complicati, tutti dietro pagamento, rifiutando di prestarmi a titolo gratuito,e tutte somme alte. Passai da spia a mercenaria, da ladra a guardia del corpo, di tutta la gente che incontravo nessuna fu importante per me, non prestai mai promessa, in quanto era assai facile romperla, non uccisi più, ma nemmeno fui mossa dal compatire da chi mi ingiungevo con la forza a parlare, in quei casi la lingua era solita sciogliersi, e facile era ricavarne notizie che poi portavo a chi di dovere, ricompensandomi chi in beni, chi in monete.
A sedici anni ero ormai una spadaccina provetta: di una di quelle tante mattine, trovandomi ad allenarmi con Arvid, l'incrociarsi delle spade, i loro echi, di un duello appena iniziato e che fermò entrambi al grido della serva, arrivata di corsa, sconvolta < il maniero è sotto attacco, dobbiamo avvertire Kadon, presto!>
allieva e maestro a quelle parole scattarono fuori, dai bastioni e dai merli, guardando l'esercito nemico avanzare come uno stormo di corvi. Non mi lasciai prendere dal panico, lucida mi imposi il controllo, mio padre organizzò la difesa, e io, assieme al mio maestro demmo una mano: gli invasori portavano il nome di guardiani di Halkar, una setta che richiamava in sé l'uso della guerra come banale protesto per sterminare, uccidere, massacrare, spietati non conoscevano misericordia, uscendo dai loro confini per usurpare e conquistare la Novergia.
A piedi fui messa nella retroguardia, assieme a coloro, atti a proteggere il corteo di medici e cerusici destinati a curare eventuali feriti, la fanteria posta davanti, alabarde e lance formano un muro compatto, dietro ancora la cavalleria, nell'aria resa immobile da un imminente scontro, lo scintillio delle corazze, lo scalpitio di zoccoli, la polvere sollevata, rendendo quel meriggio reo di aspettative.
Circa duemila le unità militari, contro i mille delle altrui truppe.
La battaglia fu da subito cruenta, senza pietà, nei confronti di chi veniva travolto dai destrieri o ucciso sul colpo da una freccia, Kadon sparì ben presto in quel caos, per la mia terra scelsi di battermi, per una volta misi da parte la mia noncuranza, decidendo in quell'istante che sarei morta, piuttosto che perdere le mie radici, calai il mio braccio contro il mio avversario, tra grida di morte e di strazio quella fu la mia guerra personale. Con un ridoppio dritto falcidiai il mio nemico, il gladio nella mia mano destra cantava di gioia, il sangue scorreva sul terreno a fiumi, schizzi di porpora macchiarono il mio viso, il demone dai capelli d'oro si prendeva la sua rivincita, mi portai all'avanguardia, acquistando terreno, di fronte a me il mio antagonista retrocedeva, in parte per la furia nei miei occhi, in parte per la cavalleria a dare man forte agli appiedati, proteggendo al tempo stesso i medici che, inermi non possedevano alcuna difesa.
Ad un ennesimo tondo roverso, contemporaneamente Kadon cadde, colpito ad una gamba, lo stallone gli finì addosso, ad altezza del torace, schiacciandogli le gambe, come la parte superiore.
Non seppi mai spiegare a me stessa cosa mi avesse spinta ad aiutarlo, so soltanto che, per una qualche ragione sconosciuta mi frapposi tra lui e il suo antagonista. Fraseggiano nei loro arabeschi le lame, poi gli staccai la testa. Con il respiro accelerato contemplai la carneficina, frattanto che il resto dell'esercito spegneva gli ultimi focolai di una guerra giunta al termine, e che mi vide in prima persona causa della sua vincita. Senza emozione mi inginocchiai accanto a mio padre, non provai nemmeno a spostare il destriero dal suo corpo, ancora vivo, debole il rantolo uscito da una bocca macchiata di rubino, gli occhi già più nulla vedevano, ma si voltò a guardarmi, con un filo di voce < sono..or..go..gli..io..so..di..te..> pupille vitree, chiedono perdono, giunto al termine capisce i suoi errori <s..ei...mia..fi..gl.i.aaa> e spirò.
Cosa mai mi lasciò in eredità se non lo struggermi? Il mio urlo di rabbia e di disperazione si sommò alle altre, levatesi a festeggiare, accorgendosi soltanto dopo della perdita.
In seguito fui io stessa, tenendo la torcia tra le mani a dare fuoco alla pira, ma nel mio silenzio v'era il cordoglio, e quel silenzio durò per molti giorni.
A diciannove anni ero ufficialmente una donna, e come i capelli si allungavano di una spanna ancora, continuavo a duellare con il mio vecchio mentore, anche lui grato che avessimo vinto, ma io, io non provavo alcuna gioia, tutte le emozioni che una volta sapevo di possedere non esistevano, una sola cosa mi accendeva, lo scandire ritmico della lama, e così..ad ogni fendente, ad ogni roverso mi avvicinavo ad esser valente come guerriero, la mia strada non fu mai improntata alla difesa, ma alla sopravvivenza, solo per me. Quel giorno il vento faceva sbattere con forza le imposte, l'astro non comparve mai, la temperatura bassa costringeva in pesanti abiti di lana, quella mattina non ci fu nessuno ad impedirmi di lasciare il borgo, seppur legata non seppi rimanere, dalle stalle presi un destriero, qualche provvista per il viaggio, nessuna arma al mio fianco. Me ne andai serbandone il ricordo, ignara che dalle finestre padronali c'era Arvid ad osservare la sua protetta < abbi cura di te>
il suolo scorreva sotto gli zoccoli, verso l'orizzonte e poi oltre.
OFFLINE
Post: 1.759
Sesso: Femminile
23/11/2014 15:36

Avendo letto questo bg prima della pubblicazione avendo dato il mio placet passo direttamente a dire quanto segue:

BG APPROVATO
ALLINEAMENTO CAOTICO NEUTRALE
TERRE DI PROVENIENZA PRESENTI - CENSIRSI CLAN NORDICO
DESCRIZIONE FISICA PRESENTE
BG APPROVATO

SKILL ESPERIENZA ARMI DA GUERRE LEGGERE LIV 1 - APPROVATA


SCHEDA GIOCO AGGIORNATA
[Modificato da EDAVE 23/11/2014 15:36]

Edave
Rettore degli Ospitalieri di Avalon
Wendingo Mannari



L'opinione è un'idea che possedete voi mentre, la convinzione, è un'idea che possiede voi.




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