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XARMOTH

Ultimo Aggiornamento: 06/06/2016 08:01
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Post: 26
Sesso: Femminile
27/04/2016 11:47

Antico

Xar Zukar Jlus dei Moth di Landaras, Flagello dei Draghi, Tiranno dei non-vivi.

on game conosciuto come:

Xarmoth

Sangue: Antico

Doni del Sangue predominanti:
- Antico: Entrambi

Figlio del Sangue di Raven, il Re Sfregiato.

Skill Comuni:
- Combattimento disarmato Liv. 2
- Esperienza armature Liv. 2
- Esperienza armi da guerra leggere Liv. 1
- Esperienza armi da guerra pesanti Liv. 3

Skill di Razza:
- Antico: Dominio (4), Veggenza (4), Tenebra (4), Vigore (4), Celerità (4), Istinto (4)

Mutaforma di Istinto liv.III:
- Forma di combattimento: Pantera nera.
- Forma di fuga: Corvo Imperiale.

***

Capelli: Bianchi
Occhi: Scuri
Altezza: 200 cm

***

BACKGROUND:

Atto I – L'uomo

Narrano le antiche cronache di Landaras che il primo dei Moth fosse, di fatto, un usurpatore. Non vi è memoria della stirpe regnante prima dei Moth, ma è certo che il primo leggendario re fu Jlus, o Jlius o Julius. Nelle poche descrizioni che se ne hanno, egli ha la chioma e gli occhi neri come il peccato e lo stendardo sotto il quale si muovono i suoi eserciti è quello di una pantera nell'atto di spalancare le fauci. Ora io credo, anzi affermo con certezza, che i tratti fisici così come il vessillo dei Moth provengano da terre meridionali e che questi abbiano invaso Landaras, si siano mescolati con le genti del luogo, dando vita ad una stirpe duratura e feroce. Sappiamo di questo Jlus che fu guerriero e sconfisse un drago, reale o immaginario che fosse, e per questo fu celebrato come eroe e fu fatto immortale. Suppongo che si tratti del drago della fame, da sempre in agguato nelle aspre distese e nei picchi ghiacciati delle nostre terre. Non escludo tuttavia che potesse davvero trattarsi di un gigante di scaglie, risvegliatosi dopo ere di sonno in una delle caverne che si aprono come bocche fameliche lungo la catena montuosa alle spalle di Rocca Moth.

Tornando ai capelli e agli occhi neri, così è nato il mio ultimo Signore, Xar Zukar Jlus, primo a portare tre nomi. La madre, una Zukar del Mare Ghiacciato, morì di parto mentre il Re suo marito, Jlus VII dei Moth, era impegnato a sedare la rivolta dei tagliapietre sui picchi al confine orientale. Il bambino nacque robusto e crebbe in seno alla corte, apprendendo l'arte della guerra presso Rocca Moth e come regnare dal padre, che fu spietato con i nemici e giusto con chi gli era fedele. Mi piace pensare che contribuii anche io alla formazione del giovane Signore, istruendolo sui miti e sulle leggende di Landaras, raccontandogli di terre lontane e di epoche in cui non solo la fame e i malanni affliggevano gli uomini, ma anche i draghi. Raggiunta la maggiore età, il giovane aveva superato in altezza il padre e in tre brevi campagne militari sottomise i briganti che si erano instaurati nel Bosco Che Non Muore, pretendendo di non pagare le tasse dovute ai nobili regnanti. Voci sul grosso martello che il mio Signore impugnava e con cui portava la pace si diffusero in fretta e fu eretta una statua nella piazza d'arme antistante Rocca Moth, nel quale Xar fu rappresentato nell'atto di schiacciare la testa ad un nemico implorante pietà proprio con un martello. Il padre Jlus VII invecchiava, mentre il giovane figlio cresceva e di pari passo si espandeva il piccolo reame di Landaras. Fu proprio con le successive due guerre, prima di una sola estate e poi di due, che forze straniere cominciarono a temere il vessillo della pantera, coalizzandosi per schiacciare una volta per tutte la dinastia dei Moth. Per venire incontro alle esigenze di un sovrano forte in tempi bui, il mio Signore si appellò ad un'antica legge della sua casata, ponendo di proprio pugno fine alla vita del padre. Fu allora che lo Straniero, il cui nome in questi scritti non verrà riportato, bussò alla porta di Rocca Moth. Indossava ricchi abiti esotici ed affermava di conoscere molte cose su filtri e pozioni. Disse anche di poter parlare con i morti e riportare in vita coloro che non avessero ancora terminato il loro "ciclo" - termine che adoperava spesso - su questo piano. Forse furono le promesse dello Straniero, forse i troppi racconti che avevo narrato al mio Signore o forse la malattia che correva nel sangue degli Zukar a portare il mio Signore alla follia. Mai feci parola dei fatti che accaddero da quel giorno tra le fredde mura di Rocca Moth e anche qui, per iscritto, tacerò. Sappi solo, lettore, che quale sia l'orrore che tu possa aver vissuto, nessuno sarà mai più grande di quegli atti empi ed osceni. Quell'inverno passò, tra urla strazianti e riti innominabili, mentre la bestia strisciante del tradimento rigurgitava veleno persino nel cuore dei più fedeli tra i servitori della casata dei Moth. L'estate successiva portò un magro raccolto e tanti affamati soldati, pronti di nuovo a spingersi oltre i confini di Landaras in cerca di conquiste e tesori. Quella fu l'ultima estate in cui vidi il mio Signore. Nessuno, amico o nemico che fosse, ebbe mai il coraggio di affrontarlo faccia a faccia. Voci che ho udito riportano che cadde tradito dalle proprie guardie personali, o da un nobile suo alleato.

Altre voci ho udito, ben più oscure le parole che riportavano. Sembra che lo Straniero sia stato visto camminare tra i corpi morti e moribondi dell'ultima battaglia del mio Signore mentre la notte intorno a lui si faceva più scura. Dicono che i corvi abbiano smesso di gracchiare, mentre oscuri rituali venivano praticati e nomi di divinità abissali evocati in preghiere blasfeme a chiunque sia sano di mente. Qualcuno afferma di aver visto Lord Xar Zukar Jlus dei Moth risorgere dal regno dei morti e trascinarsi privo di sostanza intorno, nutrendosi delle anime dei pochi sciacalli che razziavano il campo in cerca di denari e buon ferro da vendere. Egli non era - così dicono - che un nero, spaventoso sudario, appena visibile nelle tenebre della notte. Non posso sperare che questo sia falso, mentre sento le urla dei soldati nemici intenti a battere l'ariete contro il portone di Rocca Moth. Ormai tutto è perduto.

Garth Kor Jal, storico di corte e tutore di tre generazioni di principi Moth.

Versate il sangue di un vostro parente,
Non importa se vivo o morente,
Esultate come fosse vittoria,
Di quest'empio atto fatevi gloria.

Ora attendete un inverno intero,
Busserà presto alla porta fiero,
Con occhi di brace ed abito nero,
Tremate di fronte allo Straniero.

Antica filastrocca di Landaras.


Atto II - L'ombra dell'uomo.

Giunsi all'alba, poco prima che scoppiasse la battaglia tra quei due eserciti sconosciuti. Da una parte vi era un piccolo gruppo di uomini fieri, temprati da mille battaglie, col ghiaccio negli occhi ed il ferro nel braccio, sotto il vessillo di una minacciosa bestia nera. Dall'altro tanti soldati che si perdevano all'orizzonte, con stendardi di ogni tipo e colore, pieni di bizzarri animali e simboli mai veduti.

La battaglia durò poco, perché un manipolo di quel piccolo gruppo di uomini fieri uccise chi li comandava, un campione alto tanto da farmi pensare che avesse sangue di gigante, nelle vene. Nonostante quest'atto di sottomissione, il grande esercito si riversò sul piccolo, cancellando ogni speranza nei traditori del proprio Signore.

La notte giunse in fretta, non mi accorsi del tramonto del sole o forse non avvenne mai. Fu solo buio pesto, tanto che non riuscivo quasi a vedere le dita che pizzicavano le corde del mio strumento. Poi mi abituai all'oscurità e decisi di avvicinarmi al campo dove ormai si consumava il banchetto dei corvi. Lì vidi lo Straniero per la prima volta, l'abito lungo e adorno di simboli osceni bagnato in basso dal sangue e dalla terra dei morti. Aveva tracciato rune sul terreno, dopo aver ammucchiati dei corpi e lasciatone uno solo al centro, quello dell'alto Signore tradito. Nel mio peregrinare ho udito moltissime lingue, ma mai idioma simile le mie orecchie raggiunse. Rumori e gorgheggi, ringhi ed ululati erano i versi dello Straniero, tutti provenienti da una parlata antica come la notte stessa. Le ombre risposero alla sua chiamata e dal corpo del morto si sollevò un'ombra. Brividi ancora percorrono la mia schiena al solo pensiero. L'ombra fluttuava nell'aria, andando silenziosa tra i moribondi ed i vivi che li saccheggiavano. Poi spalancava quella sua bocca, una porta sul Nulla, e suggeva via l'essenza vitale fino all'ultima goccia. Io, Ljot lo Skald, il coraggioso errante, scappai a gambe levate.

Ljot lo Skald errante.

Vagai a lungo in quella dimensione. Vi erano solo lamenti di creature deboli che non avevano mai meritato la vita. Quelli ed il buio. Mi sforzai più volte di ricordare come ci fossi finito, ma non riuscii a spingere la mia memoria al di là dell'elettrizzante momento prima della battaglia. Capii che ero morto, ma non lo accettai. Urlai ed il mio fiato era infinito, urlai la mia rabbia, la mia vendetta, il potere che mi era stato tolto, rubato anzi tempo. Urlai e fu come un vagito che mi riportò tra i vivi, ma privo della vita stessa. Fu allora che iniziai a vagare. I miei occhi non vedevano, perché non avevo occhi. Le mie mani tentavano invano di afferrare, ma il mio tocco freddo non faceva altro che tagliare l'aria e sottrarre la vita. La mia rabbia aumentò, gonfiò fino quasi a scoppiare. Il destino mi rese schiavo e mi condusse in un'isola al centro di un lago, circondata dalle nebbie e governata dagli dei. Quanta invidia provai! Volevo indietro la mia vita e non ero il solo. Conobbi un altro, anch'egli privato del corpo. Egli aveva accettato la sua condizione ed indossava l'assenza di materia non con rassegnazione, ma con una fierezza di cui io non fui mai capace. Imparai da lui ad abbracciare le ombre e divenne mio fratello, Kubren.

Poi un giorno il destino decise di nuovo per me e mio fratello e ci risvegliammo con un corpo di carne. Ero vivo di nuovo, ma le ombre mi avevano segnato per sempre. Le sentivo ogni notte chiamarmi a gran voce e di giorno sussurrare, deboli, implorando il mio ritorno. La rabbia non passò mai. Fui accusato di osceni reati, fu offeso il mio onore da un gruppo di deboli che si fregiavano del titolo di cavalieri. Li sfidai, uno ad uno con il mio martello, che finalmente potevo stringere di nuovo tra vive mani. Li sconfissi, uno ad uno, finché il primo di loro, ultimo rimasto da battere a singolar tenzone, non si arrese.

Presto le ombre mi richiamarono, per la terza volta il destino scelse per me, e nelle tenebre ebbi un nuovo padre, Raven, il Re Sfregiato. Allora ne ebbi abbastanza, capii che era tempo di forgiare il mio stesso destino, di piegare le leggi del tempo e della morte, di diventare un DIO.

Dal diario di Xar Zukar Jlus dei Moth di Landaras, Flagello dei Draghi, Tiranno dei non - vivi.

Atto III - Il Dio.

Ricostruire la storia del padre dei Moth non mi è affatto semplice. Questa biblioteca, se pur ricca, manca di una disposizione cronologica degli scritti. I numerosi documenti qui trovati li ho riordinati e quanto segue è, brevemente, ciò che si può dire di lui.

Reso vampiro ed appresi gli oscuri poteri che ci sono propri, Xar Zukar Jlus decise subito di non dimorare presso il bosco, dominio del suo creatore Raven, ma si insediò presso la torre, ospite di un gruppo di studiosi noti come Guardiani delle Quattro Porte. Fu una Stella Cadente (così ho ricostruito da alcune vecchie lettere che i due si scambiavano), a capo di questi Guardiani, a cedere la torre a Xar, più tardi nel tempo.

Scoppiò una guerra, tra una compagnia di mercenari e l'armata del caos. Su richiesta di Raven, suo padre, Xar dei Moth addestrava le reclute del Caos per la battaglia. A quel tempo i draghi possedevano il libero arbitrio e uno di loro scelse di schierarsi proprio col Caos. Senza pensare alle implicazioni del gesto, il drago del Caos attaccò la torre, mettendo a repentaglio la vita del padre dei Moth e bruciando un altro vampiro, comandante dei mercenari. Il vendicativo Signore di Landaras non passò sopra quest'onta, ma volle lavarla col sangue. Si recò ove la compagnia dei mercenari era riunita e disse loro di seguirlo, se desideravano restituire il torto subito. Fu così che i mercenari si inginocchiarono ed elessero il loro nuovo comandante. So per certo che il padre dei Moth si ritirò dalla carica non appena terminata la guerra.

La leggenda di come la sua spada sia affondata attraverso le scaglie di quella creatura varia ad ogni racconto che leggo. Posso solo appuntare che tutti concordano sulle dimensioni straordinarie della spada che fu conficcata nel drago e che sembra essere quella che ho veduto conservata nelle segrete della torre. Da quel giorno Xar Zukar Jlus dei Moth fu conosciuto come Flagello dei Draghi.

Il primo tentativo di conquista di Barrington ad opera del padre dei Moth vide l'intervento del Pendragon stesso, che soffio delle nebbie magiche, addormentando tutti colori che popolavano l'isola e la costa limitrofa. Lo stesso Pendragon non intervenne, quando il caos, sotto Brandon Allen, figlio di Iris, prese la cittadina. Ritengo dunque che i disegni di Xar Zukar Jlus fossero ben più minacciosi e non si arrestassero al mero controllo di Barrington. Come ho potuto leggere in alcune pagine del suo diario personale, la maggior parte del quale risulta mancante, è sua volontà ascendere al rango di divinità. Come e se ciò sia possibile, lo ignoro, né mi sento in grado di giudicare se questo progetto sia il marchio della follia del sangue, poiché in tal caso io stesso, colei che mi generò e coloro che io creai ne dovremmo essere tutti affetti.

Il suo secondo tentativo fu quando proprio Allen, attraverso il Caos, comandava Barrington. Lord Xar strinse alleanza con i cavalieri di Avalon ed i cavalieri del drago e con altri devoti alla Dea, di nuovo per motivi che mi risultano oscuri. Di certo questo legame usuale sarà stato il primo gradino per un piano più grande, tanto che di nuovo fu il Pendragon ad intervenire, imponendo agli isolani di firmare una pace con Barrington.

Non vi è stato mai un terzo tentativo di conquista della terra limitrofa all'isola sacra, ma so per certo di un ricevimento del Pendragon stesso a cui il padre dei Moth partecipò. Fu allora che, assieme a suo fratello Lord Kubren delle Ombre, egli parlò con il Dio Drago. Gli mostrò la spada e chiese al Dio se sapesse con quale nome era conosciuta e quali gesti avesse compiuto. Il Pendragon asserì, ma impose che in quel giorno l'acciaio letale sarebbe rimasto nel fodero. Il particolare che voglio riportare all'attenzione del lettore è che l'ordine del Dio si limitò a specificare quell'esatto momento, cosa che lascia presagire che vi sarà un tempo in cui la spada ed il suo oscuro padrone verseranno di nuovo del sangue.

Ulv Slange, figlio di Nihadiel, figlia di Xar Zukar Jlus dei Moth.
[Modificato da Nianna 06/06/2016 08:00]

Nianna
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Post: 26
Sesso: Femminile
16/05/2016 10:04


KARMA REGISTRATO: 23580 (06/06/2016)

[Modificato da Nianna 06/06/2016 08:01]

Nianna
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