L’ARTE DELLA PITTURA
La pittura è l'arte che consiste nell'applicare dei pigmenti a un supporto come la pergamena, la seta, il legno, il vetro o un muro. Essendo i pigmenti essenzialmente solidi, è necessario utilizzare un legante, che li porti a uno stadio liquido, più fluido o più denso, e un collante, che permetta l'adesione duratura al supporto.
Chi dipinge è detto pittore o pittrice.
Il risultato è un'immagine che, a seconda delle intenzioni dell'autore, esprime la sua percezione del mondo o una libera associazione di forme o un qualsiasi altro significato, a seconda della sua creatività, del suo gusto estetico e di quello della società di cui fa parte.
BREVE INTRODUZIONE STORICA
ARTE EGIZIA
Nell'arte egizia le pitture sono realizzate nelle tombe, in rapporto alla prosecuzione della vita del defunto nel mondo ultraterreno. Altre pitture sono realizzate per la celebrazione delle imprese dei faraoni. La pittura si mescola al bassorilievo, spesso colorato e dipinto, e alla scrittura geroglifica. Le linee sono rigide e le figure statiche, sempre rappresentate di profilo ad eccezione degli occhi e delle spalle che sono frontali. Tra i colori utilizzati dagli artisti egizi compare già dall'Antico Regno il (blu egizio), uno dei pigmenti artificiali più antichi prodotti dall'uomo. Il suo uso si estese ben oltre i confini geografici e temporali dell'Antico Egitto, diventando uno dei pigmenti più affermati dell'antichità.
Nell'arte cretese sono arrivate fino a noi decorazioni e scene di danze e di giochi rituali.
Anche nell'arte etrusca si osserva una maggiore dinamicità, una moltitudine di linee curve rendono la figura più naturale.
PITTURA GRECA
Il greci furono la prima popolazione a portare un pieno svolgimento all'arte pittorica, ponendosi il problema della luce, dello spazio, del colore, delle variazioni di tono e degli effetti della tecnica (smalti, impasto, velature...).
La grandissima maggioranza delle pitture greche ci è nota solo da frammenti, ricostruzioni a partire dalle fonti letterarie, riflessi in altre culture (come quelle etrusca).
PITTURA ROMANA
La pittura romana è una delle scuole pittoriche che meglio si sono tramandate, nella generale rovina della pittura antica. I romani assimilarono in larga parte dall'altissima civiltà pittorica greca, imitandone i modelli e le tecniche. Dalla stilizzazione al naturalismo, seguendo lo spunto dell’arte greca, l’arte e la pittura Romana, soprattutto in forma musiva c’è giunta in tutta la sua parabola conclusasi nella rinuncia alla realtà per l’iconografia, lo sviluppo di una nuova simbologia Cristiana e l’abbandono della profondità e della luce precedentemente acquisita.
TECNICHE:
Pittura parietale (affresco)
Per pittura parietale, si intende un dipinto realizzato a fresco che veniva eseguito su intonaco di calce fresca con colori macinati e diluiti in acqua. La pittura a tempera veniva eseguita diluendo i colori in solventi collosi e gommosi, con il rosso d'uovo e la cera. La pittura ad encausto, invece, la si otteneva con colori miscelati con la cera.
Pittura su tavola
La pittura su tavola era sicuramente praticata in tutto il Mediterraneo e consisteva nel dipingere su d’un piano ligneo più o meno trasportabile.
PITTURA OGGI
La nostra pittura si sviluppa a partire dalle forme proprie dell'arte tardoantica: immagini sempre più ieratiche e simboliche, riflesso di una sempre più profonda concezione della spiritualità. Le immagini sono spesso tratte dal repertorio cristiano, la cui spiritualità condiziona in maniera fondamentale i soggetti. È con Bisanzio che va definendosi sempre di più l’attuale pittura: l'arte bizantina da un lato è solo un aspetto dell'arte, ma dall'altro ne è l'asse portante. Le sue forme, canonizzate in seguito allo scisma iconoclasta dal secondo concilio di Nicea del 787 furono quelle universalmente diffuse in tutto il mondo cristiano, seppure con accezioni regionali diverse di volta in volta, in oriente come in occidente. La pittura si delinea in occidente come mera illustrazione dell'evento biblico. Le immagini delle chiese diventano biblia pauperum, la bibbia dei poveri, nelle quali gli illetterati possono comprendere ciò che l'analfabetizzazione rende loro impossibile leggere nelle Scritture. La pittura delle chiese o delle iconostasi diventa quindi una decorazione degna di rispetto, ma non propriamente "arte sacra" come invece rimane l'icona in oriente. Qui le sante immagini vengono venerate come Presenza in assenza della persona rappresentata: per questo gli orientali ancora oggi venerano grandemente le immagini baciandole e inchinandovisi davanti.
Pur con una diversità basilare di interpretazione dell'immagine dipinta, l'oriente e l'occidente restano uniti nelle forme pittoriche, influenzandosi a vicenda, vivendo rinascenze del classico o evoluzioni di tipo più simbolico.
Classificazione delle tecniche pittoriche in base al loro supporto:
- Sulle pareti abbiamo l'affresco e l'encausto.
- Su tavola abbiamo la pittura a tempera.
- Su carta abbiamo il pastello, la pittura a tempera, inchiostri con aggiunta di pigmenti (per miniature) e lapis.
I COLORI
Studiando i colori usati dai pittori è bene cercare di comprendere come questi vengano utilizzati e percepiti.
I requisiti più importanti sono due: luminosità ed intensità.
I colori, quindi, sono applicati con una forte saturazione, senza sfumature e mezzitoni, per sottolineare il potere espressivo, necessario a risaltare il significato simbolico.
Trattando soprattutto temi religiosi si tende alla ricerca della luce, dell’oro e delle gemme, metafore stesse del valore artistico. Era la “metafisica della luce“ che vedeva il mondo come emanazione di Dio - luce suprema - attribuendo così alla luce un valore non solo mistico e spirituale, ma pure estetico.
I colori hanno un forte significato simbolico nel nostro tempo.
Basta ricordare, ad esempio, come ogni culto prescriva per i paramenti d’altare e per le vesti del celebrante colori specifici, peculiari per ogni periodo dell’anno (a volte) e per varie occasioni rituali.
Nello spazio divino il colore rivelava la presenza di Dio, i colori infatti sono il frutto dell’interazione fra luce e oscurità.
Taluni ritengono addirittura che la luce filtrando attraverso le vetrate colorate di alcuni luoghi sacri avesse proprietà curative.
PIGMENTI BLU
I pigmenti blu sono essenzialmente due: l'oltremare, il più prezioso (ottenuto dai lapislazzuli), e l'azzurrite.
Nella pittura murale, il blu viene usato generalmente per gli sfondi, con lo stesso valore simbolico che ha l’oro nelle tavole.
OLTREMARE
L'alchimia ha avuto un ruolo importante nella scoperta e nell'utilizzo dei colori nella pittura. Il più noto di questi nuovi pigmenti è il blu oltremare, ottenuto dal minerale blu lapislazzuli. Già usata come ornamento dagli Egizi questa pietra si trova soprattutto in Oriente.
Il nome conferma che il pigmento deve essere importato da molto lontano. La distanza e il difficile procedimento preparatorio lo rendono molto costoso e, quindi, anche molto apprezzato.
Proprio per il suo costo, infatti, è considerato uno dei colori più ricchi e preziosi, associato al rosso porpora e all'oro.
I pittori lo usano con parsimonia sostituendolo spesso con un altro pigmento, più economico, l'azzurrite (ad esempio per gli sfondi e le campiture).
AZZURRITE
Questo blu meno caro (ma non certo a buon mercato) è ricavato dal minerale azzurrite. Già usato dai Romani (Plinio lo chiamava "Lapis armenius"), da noi è conosciuto come "azzurro d'Alemanna", mentre i sassoni lo indicano come Bergblau, "l'azzurro montagna”.
I due pigmenti hanno un aspetto molto simile: per distinguerli si scalda un frammento del minerale finché non diventava incandescente, raffreddandosi l'azzurrite diventa nera e i lapislazzuli no.
La differenza del costo favorisce le frodi.
Macinata molto finemente, l'azzurrite produce una tonalità di celeste pallido con una punta di verde, adatta per i cieli, ma molto meno bella della corposità purpurea dell'oltremare. Per una tonalità più scura bisogna macinarla in modo più grossolano, e questo rende il pigmento difficile da applicare e un po' traslucido; è necessaria quindi una colla animale, piuttosto che una tempera all'uovo, perché queste particelle più grosse si amalgamino bene, inoltre sono necessarie parecchie mani per ottenere un colore coprente saturo. Il risultato può essere molto bello, perché ogni granello riluce come un microscopico gioiello.
ALTRI AZZURRI
Altre fonti di azzurro per gli artisti sono le tinture: guado e indaco che hanno un tono verdastro o nerastro, non molto gradevole, ma più piacevole quando mischiato col bianco.
ROSSO
Sul prezioso sfondo luminoso dell’oro, il rosso è il colore che, con l’azzurro oltremare, domina più frequentemente le composizioni cromatiche della pittura. Azzurro e rosso hanno il primato dell’intensità e della brillanza rispetto ai colori che si possono ottenere dalle terre ma, mentre la fortuna del primo, è piuttosto recente, il rosso vanta una tradizione antichissima di assoluto prestigio nella gerarchia dei colori. Assieme al nero è sempre stato considerato un contrario del bianco: rispetto alla contrapposizione luce/oscurità della coppia bianco/nero, il contrasto bianco/rosso assumeva un significato assai prossimo a quello di colorato/non colorato, particolarmente nell’antica Roma dove spesso ruber e coloratus venivano impiegati come sinonimi e dove gli abiti degli uomini adulti venivano tinti con una gamma estremamente ampia di toni rossi.
I pittori fanno largo uso di lacche-pigmento rosse ottenute da tinture (ad esempio la lacca cremisi chermes, derivata da insetti e molto diffusa e quelle a base di gommalacca).
Cominciano ora ad apparire altre due tinture rosse: la robbia e la cocciniglia. La robbia è estratta dalla radice della Rubia tinctorum.
La lacca cremisi, estratta dalla cocciniglia, è anch'essa molto costosa. Si ricava dai parassiti di una erbacea perenne, lo Scleranthus. La sinopis di Plinio, un ocra rosso spento proveniente da Sinope sul Mar Nero, dà luogo al termine sinopia, che poteva valere sia per rosso che per verde. Il rosso detto “Minium” o “Cerussa Usta” è ricavato dal minerale di piombo e viene ampiamente utilizzato nella realizzazione delle pitture su pergamena legate all’illustrazione di manoscritti. Già in uso in età classica è molto apprezzato anche ai giorni nostri.
VIOLETTO
Il colore risultante dalla mescolanza in parti uguali di rosso e di blu è il violetto.
TRA BLU E ROSSO
Ai vari azzurri si aggiunge il tornasole, in latino fllium, estratto dalla pianta detta "morella" identificata con la Chrozophora tinctoria, originaria della Francia meridionale e chiamata Maurelle in Provenza. Il nome latino fllium può derivare dall'abitudine di conservarlo impregnandone dei pezzi di stoffa, che venivano poi collocati tra le pagine (folia) di libri; tornasole invece deriva da torna-ad-solem, "volgiti verso il sole", una caratteristica della pianta da cui si ricava la tintura.
Alcuni pittori fanno uso della tintura porpora estratta dal lichene chiamato Oricello (Roccella tinctoria) mentre il rosso di buccino, purpureo, estratto da un gasteropode originario delle coste dell'Inghilterra e della Francia, era usato per colorare le pergamene.
La maggior parte dei porpora delle pitture su tavola è tuttavia ottenuta usando un blu, come l'azzurrite, assieme a una lacca rossa; pare che i pittori preferiscano i rossi purpurei offerti dalla lacca cremisi al delicato colore violetto degli estratti organici.
ORO
La preziosità e la lucentezza del materiale, almeno per quanto riguarda la pittura su tavola, si manifesta soprattutto nei fondi d’oro: sullo strato iniziale di bolo rosso, colore che esaltava la calda rifrazione dell’oro, vengono applicate le foglie metalliche ridotte allo spessore di un velo, in modo da formare una superficie di ricca purezza astratta, luminosissima.
L'unico colore che gli alchimisti non possono creare con i loro alambicchi è quello che più cercano: l'oro.
Quale che sia il prezzo dell'oltremare o del vermiglione, l'oro ha in sè antiche associazioni che rendono il suo valore trascendentale.
Esso è sinonimo di regalità, offrirlo a Dio, nell'arte sacra, è il modo migliore per dimostrare la propria devozione. Inoltre, a differenza dell'argento e di altri metalli, sembra immune al passare del tempo: non perde il suo splendore.
Per l'artista l'oro è un colore a pieno titolo. Viene applicato alle tavole stuccate in lamine sottili, dette foglie. Gli artigiani (battiloro) fabbricano la foglia d'oro martellando delle monete, riducendole in lamine sottilissime.
Anche il minimo velo di umidità è sufficiente per far aderire queste foglie sottili praticamente a qualsiasi superficie. Albume, gomma, miele e succhi vegetali sono usati per applicare le foglie d'oro alle pergamene dei manoscritti; vengono chiamati "mordenti all'acqua", ovvero sostanze solubili in acqua che mordenzano (mordono o fissano) l'oro.
La foglia d'oro mordenzata si adatta a tutte le irregolarità della superficie sottostante, facendole diffondere la luce, quindi il risultato appare di un giallo opaco piuttosto piatto. Solo se la superficie viene lisciata (brunita), strofinandola con un oggetto duro, riacquista lo splendore riflettente del metallo; a questo scopo era spesso usata una pietra arrotondata oppure un dente. Brunire, significa letteralmente rendere bruno, poiché scurisce l'oro nelle parti in ombra, mentre rende più brillanti quelle in luce.
Ma alcuni fondi d'oro non vengono bruniti, intenzionalmente, fissando la scena dentro una tremula luce scintillante.
Non tutto quest'oro è steso in forma di foglia: veniva anche usato in polvere; ma essendo un metallo tenero e duttile, pestarlo nel mortaio tende più a fondere assieme le particelle che a frantumarle .
In ogni caso solo gli artigiani che hanno studiato la metallurgia alchemica sanno indurire l'oro e riuscire così a macinarlo.
La convinzione degli alchimisti che i metalli non siano che miscele di ingredienti di base sempre uguali è suffragata dall'osservazione che l'oro può essere amalgamato al mercurio.
Questo amalgama è una pasta malleabile, avvolta in un pezzo di tela e strizzata per togliere il mercurio in eccesso, diventa dura e fragile, adatta a essere macinata.
Col calore il mercurio vaporizza, lasciando oro in polvere, purché si faccia attenzione a non raggiungere una temperatura tale da provocare la fusione dei granelli d'oro.
Una tecnica alternativa è battere l'oro fino a ottenerne un foglio sottilissimo, che veniva poi macinato con miele o sale per evitare che le particelle d'oro si saldassero assieme.
GIALLI
Si può trarre dall’orpimento (minerale).
I pittori odierni adoperano, seguendo varie ricette, anche pigmenti gialli ricavati da ossidi di piombo e stagno.
L'alchimia fornisce una lacca gialla che si chiama «arzica» estratta dalla guaderella, Reseda luteola detta anche "erba dei tintori", viene coltivata per la sua tintura gialla ed è particolarmente apprezzata per tingere la seta.
La lacca gialla ottenuta dalla guaderella può essere brillante e abbastanza coprente, un buon sostituto dell'orpimento.
La coppia cromatica giallo/verde distingue anche i folli, i buffoni, e, quanto più il giallo tendeva al verde, tanto più era considerato negativo.
Di giallo o di giallo-verdastro sono connotati i traditori.
Il giallo, specialmente nel suo più alto grado di saturazione e luminosità, può assumere però anche una valenza positiva o, quantomeno, neutra.
Più significativa per il miniaturista è la lacca gialla ottenuta dalla pianta dello zafferano (Crocus sativus) e da altri crochi; mescolato con albume, lo zafferano produce un giallo intenso, puro e trasparente; miscelato con l'azzurrite fornisce un verde vibrante.
VERDE
Il verderame è un prodotto dell’alchimia araba.
Gli antichi Greci l'usarono di sicuro e di certo non furono i primi.
Il verderame è un pigmento popolare ma imprevedibile: gli acidi organici usati per prepararlo, in alcuni casi intaccano la pergamena o la carta su cui è applicato, formando buchi netti. Inoltre, alcuni pigmenti tendono a deteriorarsi se accostati al verderame. Questi difetti motivano la ricerca di verdi alternativi tra cui i principali sono due colori organici detti "verde linfa"e "verde iris".
Il primo proviene dal succo delle bacche di ramno, che è abbastanza denso da essere steso direttamente; con l'aggiunta di un po' di gomma, è ottimo per l'acquerello.
Il verde iris, ottenuto dal succo di queste piante, mescolato con acqua e forse con un addensante come l'allume, viene usato per miniare manoscritti.
BIANCO
Il bianco è percepito come un’assenza di colore e, come tale, è spesso associato alla morte e al lutto: bianchi sono i sudari e le bende che avvolgono i defunti. Conseguentemente diventa anche il colore di chi si appresta a mutare condizione, a transitare fisicamente o spiritualmente da una fase all’altra della vita.
Bianco quindi è anche il colore degli angeli.
NERO
Il nero è associato all'umiltà e di conseguenza alla pazienza, temperanza nel dolore, morte, penitenza e infine alla disperazione. Un percorso che ha al suo estremo il male assoluto, il diavolo.
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