È soltanto un Pokémon con le armi o è un qualcosa di più? Vieni a parlarne su Award & Oscar!
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Stampa | Notifica email    
Autore

BIBLIOTECA AULA DI PITTURA

Ultimo Aggiornamento: 19/02/2012 12:25
OFFLINE
Post: 59
Età: 102
Sesso: Maschile
19/02/2012 12:18

L'arte della pittura
L’ARTE DELLA PITTURA


La pittura è l'arte che consiste nell'applicare dei pigmenti a un supporto come la pergamena, la seta, il legno, il vetro o un muro. Essendo i pigmenti essenzialmente solidi, è necessario utilizzare un legante, che li porti a uno stadio liquido, più fluido o più denso, e un collante, che permetta l'adesione duratura al supporto.
Chi dipinge è detto pittore o pittrice.
Il risultato è un'immagine che, a seconda delle intenzioni dell'autore, esprime la sua percezione del mondo o una libera associazione di forme o un qualsiasi altro significato, a seconda della sua creatività, del suo gusto estetico e di quello della società di cui fa parte.

BREVE INTRODUZIONE STORICA

ARTE EGIZIA
Nell'arte egizia le pitture sono realizzate nelle tombe, in rapporto alla prosecuzione della vita del defunto nel mondo ultraterreno. Altre pitture sono realizzate per la celebrazione delle imprese dei faraoni. La pittura si mescola al bassorilievo, spesso colorato e dipinto, e alla scrittura geroglifica. Le linee sono rigide e le figure statiche, sempre rappresentate di profilo ad eccezione degli occhi e delle spalle che sono frontali. Tra i colori utilizzati dagli artisti egizi compare già dall'Antico Regno il (blu egizio), uno dei pigmenti artificiali più antichi prodotti dall'uomo. Il suo uso si estese ben oltre i confini geografici e temporali dell'Antico Egitto, diventando uno dei pigmenti più affermati dell'antichità.

Nell'arte cretese sono arrivate fino a noi decorazioni e scene di danze e di giochi rituali.

Anche nell'arte etrusca si osserva una maggiore dinamicità, una moltitudine di linee curve rendono la figura più naturale.

PITTURA GRECA
Il greci furono la prima popolazione a portare un pieno svolgimento all'arte pittorica, ponendosi il problema della luce, dello spazio, del colore, delle variazioni di tono e degli effetti della tecnica (smalti, impasto, velature...).
La grandissima maggioranza delle pitture greche ci è nota solo da frammenti, ricostruzioni a partire dalle fonti letterarie, riflessi in altre culture (come quelle etrusca).

PITTURA ROMANA
La pittura romana è una delle scuole pittoriche che meglio si sono tramandate, nella generale rovina della pittura antica. I romani assimilarono in larga parte dall'altissima civiltà pittorica greca, imitandone i modelli e le tecniche. Dalla stilizzazione al naturalismo, seguendo lo spunto dell’arte greca, l’arte e la pittura Romana, soprattutto in forma musiva c’è giunta in tutta la sua parabola conclusasi nella rinuncia alla realtà per l’iconografia, lo sviluppo di una nuova simbologia Cristiana e l’abbandono della profondità e della luce precedentemente acquisita.

TECNICHE:
Pittura parietale (affresco)
Per pittura parietale, si intende un dipinto realizzato a fresco che veniva eseguito su intonaco di calce fresca con colori macinati e diluiti in acqua. La pittura a tempera veniva eseguita diluendo i colori in solventi collosi e gommosi, con il rosso d'uovo e la cera. La pittura ad encausto, invece, la si otteneva con colori miscelati con la cera.
Pittura su tavola
La pittura su tavola era sicuramente praticata in tutto il Mediterraneo e consisteva nel dipingere su d’un piano ligneo più o meno trasportabile.

PITTURA OGGI
La nostra pittura si sviluppa a partire dalle forme proprie dell'arte tardoantica: immagini sempre più ieratiche e simboliche, riflesso di una sempre più profonda concezione della spiritualità. Le immagini sono spesso tratte dal repertorio cristiano, la cui spiritualità condiziona in maniera fondamentale i soggetti. È con Bisanzio che va definendosi sempre di più l’attuale pittura: l'arte bizantina da un lato è solo un aspetto dell'arte, ma dall'altro ne è l'asse portante. Le sue forme, canonizzate in seguito allo scisma iconoclasta dal secondo concilio di Nicea del 787 furono quelle universalmente diffuse in tutto il mondo cristiano, seppure con accezioni regionali diverse di volta in volta, in oriente come in occidente. La pittura si delinea in occidente come mera illustrazione dell'evento biblico. Le immagini delle chiese diventano biblia pauperum, la bibbia dei poveri, nelle quali gli illetterati possono comprendere ciò che l'analfabetizzazione rende loro impossibile leggere nelle Scritture. La pittura delle chiese o delle iconostasi diventa quindi una decorazione degna di rispetto, ma non propriamente "arte sacra" come invece rimane l'icona in oriente. Qui le sante immagini vengono venerate come Presenza in assenza della persona rappresentata: per questo gli orientali ancora oggi venerano grandemente le immagini baciandole e inchinandovisi davanti.
Pur con una diversità basilare di interpretazione dell'immagine dipinta, l'oriente e l'occidente restano uniti nelle forme pittoriche, influenzandosi a vicenda, vivendo rinascenze del classico o evoluzioni di tipo più simbolico.

Classificazione delle tecniche pittoriche in base al loro supporto:

- Sulle pareti abbiamo l'affresco e l'encausto.
- Su tavola abbiamo la pittura a tempera.
- Su carta abbiamo il pastello, la pittura a tempera, inchiostri con aggiunta di pigmenti (per miniature) e lapis.


I COLORI

Studiando i colori usati dai pittori è bene cercare di comprendere come questi vengano utilizzati e percepiti.
I requisiti più importanti sono due: luminosità ed intensità.
I colori, quindi, sono applicati con una forte saturazione, senza sfumature e mezzitoni, per sottolineare il potere espressivo, necessario a risaltare il significato simbolico.
Trattando soprattutto temi religiosi si tende alla ricerca della luce, dell’oro e delle gemme, metafore stesse del valore artistico. Era la “metafisica della luce“ che vedeva il mondo come emanazione di Dio - luce suprema - attribuendo così alla luce un valore non solo mistico e spirituale, ma pure estetico.
I colori hanno un forte significato simbolico nel nostro tempo.
Basta ricordare, ad esempio, come ogni culto prescriva per i paramenti d’altare e per le vesti del celebrante colori specifici, peculiari per ogni periodo dell’anno (a volte) e per varie occasioni rituali.
Nello spazio divino il colore rivelava la presenza di Dio, i colori infatti sono il frutto dell’interazione fra luce e oscurità.
Taluni ritengono addirittura che la luce filtrando attraverso le vetrate colorate di alcuni luoghi sacri avesse proprietà curative.

PIGMENTI BLU
I pigmenti blu sono essenzialmente due: l'oltremare, il più prezioso (ottenuto dai lapislazzuli), e l'azzurrite.
Nella pittura murale, il blu viene usato generalmente per gli sfondi, con lo stesso valore simbolico che ha l’oro nelle tavole.

OLTREMARE
L'alchimia ha avuto un ruolo importante nella scoperta e nell'utilizzo dei colori nella pittura. Il più noto di questi nuovi pigmenti è il blu oltremare, ottenuto dal minerale blu lapislazzuli. Già usata come ornamento dagli Egizi questa pietra si trova soprattutto in Oriente.
Il nome conferma che il pigmento deve essere importato da molto lontano. La distanza e il difficile procedimento preparatorio lo rendono molto costoso e, quindi, anche molto apprezzato.
Proprio per il suo costo, infatti, è considerato uno dei colori più ricchi e preziosi, associato al rosso porpora e all'oro.
I pittori lo usano con parsimonia sostituendolo spesso con un altro pigmento, più economico, l'azzurrite (ad esempio per gli sfondi e le campiture).

AZZURRITE
Questo blu meno caro (ma non certo a buon mercato) è ricavato dal minerale azzurrite. Già usato dai Romani (Plinio lo chiamava "Lapis armenius"), da noi è conosciuto come "azzurro d'Alemanna", mentre i sassoni lo indicano come Bergblau, "l'azzurro montagna”.
I due pigmenti hanno un aspetto molto simile: per distinguerli si scalda un frammento del minerale finché non diventava incandescente, raffreddandosi l'azzurrite diventa nera e i lapislazzuli no.
La differenza del costo favorisce le frodi.
Macinata molto finemente, l'azzurrite produce una tonalità di celeste pallido con una punta di verde, adatta per i cieli, ma molto meno bella della corposità purpurea dell'oltremare. Per una tonalità più scura bisogna macinarla in modo più grossolano, e questo rende il pigmento difficile da applicare e un po' traslucido; è necessaria quindi una colla animale, piuttosto che una tempera all'uovo, perché queste particelle più grosse si amalgamino bene, inoltre sono necessarie parecchie mani per ottenere un colore coprente saturo. Il risultato può essere molto bello, perché ogni granello riluce come un microscopico gioiello.

ALTRI AZZURRI
Altre fonti di azzurro per gli artisti sono le tinture: guado e indaco che hanno un tono verdastro o nerastro, non molto gradevole, ma più piacevole quando mischiato col bianco.

ROSSO
Sul prezioso sfondo luminoso dell’oro, il rosso è il colore che, con l’azzurro oltremare, domina più frequentemente le composizioni cromatiche della pittura. Azzurro e rosso hanno il primato dell’intensità e della brillanza rispetto ai colori che si possono ottenere dalle terre ma, mentre la fortuna del primo, è piuttosto recente, il rosso vanta una tradizione antichissima di assoluto prestigio nella gerarchia dei colori. Assieme al nero è sempre stato considerato un contrario del bianco: rispetto alla contrapposizione luce/oscurità della coppia bianco/nero, il contrasto bianco/rosso assumeva un significato assai prossimo a quello di colorato/non colorato, particolarmente nell’antica Roma dove spesso ruber e coloratus venivano impiegati come sinonimi e dove gli abiti degli uomini adulti venivano tinti con una gamma estremamente ampia di toni rossi.
I pittori fanno largo uso di lacche-pigmento rosse ottenute da tinture (ad esempio la lacca cremisi chermes, derivata da insetti e molto diffusa e quelle a base di gommalacca).
Cominciano ora ad apparire altre due tinture rosse: la robbia e la cocciniglia. La robbia è estratta dalla radice della Rubia tinctorum.
La lacca cremisi, estratta dalla cocciniglia, è anch'essa molto costosa. Si ricava dai parassiti di una erbacea perenne, lo Scleranthus. La sinopis di Plinio, un ocra rosso spento proveniente da Sinope sul Mar Nero, dà luogo al termine sinopia, che poteva valere sia per rosso che per verde. Il rosso detto “Minium” o “Cerussa Usta” è ricavato dal minerale di piombo e viene ampiamente utilizzato nella realizzazione delle pitture su pergamena legate all’illustrazione di manoscritti. Già in uso in età classica è molto apprezzato anche ai giorni nostri.

VIOLETTO
Il colore risultante dalla mescolanza in parti uguali di rosso e di blu è il violetto.

TRA BLU E ROSSO
Ai vari azzurri si aggiunge il tornasole, in latino fllium, estratto dalla pianta detta "morella" identificata con la Chrozophora tinctoria, originaria della Francia meridionale e chiamata Maurelle in Provenza. Il nome latino fllium può derivare dall'abitudine di conservarlo impregnandone dei pezzi di stoffa, che venivano poi collocati tra le pagine (folia) di libri; tornasole invece deriva da torna-ad-solem, "volgiti verso il sole", una caratteristica della pianta da cui si ricava la tintura.
Alcuni pittori fanno uso della tintura porpora estratta dal lichene chiamato Oricello (Roccella tinctoria) mentre il rosso di buccino, purpureo, estratto da un gasteropode originario delle coste dell'Inghilterra e della Francia, era usato per colorare le pergamene.
La maggior parte dei porpora delle pitture su tavola è tuttavia ottenuta usando un blu, come l'azzurrite, assieme a una lacca rossa; pare che i pittori preferiscano i rossi purpurei offerti dalla lacca cremisi al delicato colore violetto degli estratti organici.

ORO
La preziosità e la lucentezza del materiale, almeno per quanto riguarda la pittura su tavola, si manifesta soprattutto nei fondi d’oro: sullo strato iniziale di bolo rosso, colore che esaltava la calda rifrazione dell’oro, vengono applicate le foglie metalliche ridotte allo spessore di un velo, in modo da formare una superficie di ricca purezza astratta, luminosissima.
L'unico colore che gli alchimisti non possono creare con i loro alambicchi è quello che più cercano: l'oro.
Quale che sia il prezzo dell'oltremare o del vermiglione, l'oro ha in sè antiche associazioni che rendono il suo valore trascendentale.
Esso è sinonimo di regalità, offrirlo a Dio, nell'arte sacra, è il modo migliore per dimostrare la propria devozione. Inoltre, a differenza dell'argento e di altri metalli, sembra immune al passare del tempo: non perde il suo splendore.
Per l'artista l'oro è un colore a pieno titolo. Viene applicato alle tavole stuccate in lamine sottili, dette foglie. Gli artigiani (battiloro) fabbricano la foglia d'oro martellando delle monete, riducendole in lamine sottilissime.
Anche il minimo velo di umidità è sufficiente per far aderire queste foglie sottili praticamente a qualsiasi superficie. Albume, gomma, miele e succhi vegetali sono usati per applicare le foglie d'oro alle pergamene dei manoscritti; vengono chiamati "mordenti all'acqua", ovvero sostanze solubili in acqua che mordenzano (mordono o fissano) l'oro.
La foglia d'oro mordenzata si adatta a tutte le irregolarità della superficie sottostante, facendole diffondere la luce, quindi il risultato appare di un giallo opaco piuttosto piatto. Solo se la superficie viene lisciata (brunita), strofinandola con un oggetto duro, riacquista lo splendore riflettente del metallo; a questo scopo era spesso usata una pietra arrotondata oppure un dente. Brunire, significa letteralmente rendere bruno, poiché scurisce l'oro nelle parti in ombra, mentre rende più brillanti quelle in luce.
Ma alcuni fondi d'oro non vengono bruniti, intenzionalmente, fissando la scena dentro una tremula luce scintillante.
Non tutto quest'oro è steso in forma di foglia: veniva anche usato in polvere; ma essendo un metallo tenero e duttile, pestarlo nel mortaio tende più a fondere assieme le particelle che a frantumarle .
In ogni caso solo gli artigiani che hanno studiato la metallurgia alchemica sanno indurire l'oro e riuscire così a macinarlo.
La convinzione degli alchimisti che i metalli non siano che miscele di ingredienti di base sempre uguali è suffragata dall'osservazione che l'oro può essere amalgamato al mercurio.
Questo amalgama è una pasta malleabile, avvolta in un pezzo di tela e strizzata per togliere il mercurio in eccesso, diventa dura e fragile, adatta a essere macinata.
Col calore il mercurio vaporizza, lasciando oro in polvere, purché si faccia attenzione a non raggiungere una temperatura tale da provocare la fusione dei granelli d'oro.
Una tecnica alternativa è battere l'oro fino a ottenerne un foglio sottilissimo, che veniva poi macinato con miele o sale per evitare che le particelle d'oro si saldassero assieme.

GIALLI
Si può trarre dall’orpimento (minerale).
I pittori odierni adoperano, seguendo varie ricette, anche pigmenti gialli ricavati da ossidi di piombo e stagno.
L'alchimia fornisce una lacca gialla che si chiama «arzica» estratta dalla guaderella, Reseda luteola detta anche "erba dei tintori", viene coltivata per la sua tintura gialla ed è particolarmente apprezzata per tingere la seta.
La lacca gialla ottenuta dalla guaderella può essere brillante e abbastanza coprente, un buon sostituto dell'orpimento.
La coppia cromatica giallo/verde distingue anche i folli, i buffoni, e, quanto più il giallo tendeva al verde, tanto più era considerato negativo.
Di giallo o di giallo-verdastro sono connotati i traditori.
Il giallo, specialmente nel suo più alto grado di saturazione e luminosità, può assumere però anche una valenza positiva o, quantomeno, neutra.
Più significativa per il miniaturista è la lacca gialla ottenuta dalla pianta dello zafferano (Crocus sativus) e da altri crochi; mescolato con albume, lo zafferano produce un giallo intenso, puro e trasparente; miscelato con l'azzurrite fornisce un verde vibrante.

VERDE
Il verderame è un prodotto dell’alchimia araba.
Gli antichi Greci l'usarono di sicuro e di certo non furono i primi.
Il verderame è un pigmento popolare ma imprevedibile: gli acidi organici usati per prepararlo, in alcuni casi intaccano la pergamena o la carta su cui è applicato, formando buchi netti. Inoltre, alcuni pigmenti tendono a deteriorarsi se accostati al verderame. Questi difetti motivano la ricerca di verdi alternativi tra cui i principali sono due colori organici detti "verde linfa"e "verde iris".
Il primo proviene dal succo delle bacche di ramno, che è abbastanza denso da essere steso direttamente; con l'aggiunta di un po' di gomma, è ottimo per l'acquerello.
Il verde iris, ottenuto dal succo di queste piante, mescolato con acqua e forse con un addensante come l'allume, viene usato per miniare manoscritti.

BIANCO
Il bianco è percepito come un’assenza di colore e, come tale, è spesso associato alla morte e al lutto: bianchi sono i sudari e le bende che avvolgono i defunti. Conseguentemente diventa anche il colore di chi si appresta a mutare condizione, a transitare fisicamente o spiritualmente da una fase all’altra della vita.
Bianco quindi è anche il colore degli angeli.

NERO
Il nero è associato all'umiltà e di conseguenza alla pazienza, temperanza nel dolore, morte, penitenza e infine alla disperazione. Un percorso che ha al suo estremo il male assoluto, il diavolo.

.oO* Mac Elf *Oo.
*.¸¸.•´¨'»*«´¨'•.¸¸.*.¸¸.• ´¨'» GrAn MaEsTrO D’AcCaDeMiA «´¨'•.¸¸.*.¸¸.•´¨'»*«´¨'•.¸¸.*

…La KiAvE DeLlA FeLiCiTà è La DiSoBbEdIeNzA In Se…

OFFLINE
Post: 59
Età: 102
Sesso: Maschile
19/02/2012 12:22

Il libro dell'Arte
Libro dell'Arte
//NOTE OFF:
Si tratta di una serie di brani che ho liberamente tratto da "Il Libro dell'Arte" di Cennino Cennini, scritto in volgare agli inizi del XV secolo.
Pur essendo il periodo successivo all'epoca in cui è ambientato il GdR, ritengo che siano talmente belli da leggere che valga la pena sorvolare su questo...piccolo dettaglio.

Per chi fosse interessato, questo è il link dove reperire il testo completo:
www.ilpalio.siena.it/Personaggi/CenninoCennini/default.aspx

(si ringrazia la Maestra d'Arte Sybil per le ricerche)


IL LIBRO DELL'ARTE



COME ALCUNI VENGONO ALL'ARTE, CHI PER ANIMO GENTILE, E CHI PER GUADAGNO.

Non sanza cagione d'animo gentile alcuni si muovono di venire a questa arte, piacendogli per amore naturale. Lo intelletto al disegno si diletta, solo che da loro medesimi la natura a ciò gli trae, senza nulla guida di maestro, per gentilezza di animo. E per questo dilettarsi, seguitano a volere trovare maestro; e con questo si dispongono con amore d'ubbidienza, stando in servitù per venire a perfezione di ciò. Alcuni sono, che per povertà e necessità del vivere seguitano, sì per guadagno e anche per l'amor dell'arte; ma sopra tutti quelli, da commendare è quelli che per amore e per gentilezza all'arte predetta vengono.


A CHE MODO COMINCI A DISEGNARE IN TAVOLETTA, E L'ORDINE SUO.

Sì come detto è, dal disegno t'incominci. Ti conviene avere l'ordine di poter incominciare a disegnare il più veritevile. Prima, abbi una tavoletta di bosso, di grandezza, per ogni faccia, un sommesso; ben pulita e netta, cioè lavata con acqua chiara; fregata e pulita di seppia, di quella che gli orefici adoperano per improntare. E quando la detta tavoletta è asciutta bene, togli tanto osso ben tritato per due ore, che stia bene; e quanto più sottile, tanto meglio. Poi racco glilo, tiello, e conservalo involto in una carta asciutta: e quando tu n'hai bisogno per ingessare la detta tavoletta, togli meno di mezza fava di questo osso, o meno; e colla sciliva rimena questo osso, e va' distendendo con le dita per tutta questa tavoletta; e innanzi che asciughi, tieni la detta tavoletta dalla man manca, e col polpastrello della man ritta batti sopra la detta tavoletta tanto, quanto vedi ch'ella sia bene asciutta. E viene inossata igualmente così in un loco come in un altro.


EL MODO E L'ORDINE DEL DISEGNARE IN CARTA PECORINA E IN BAMBAGINA, E AOMBRARE DI ACQUERELLE.

Ritornando in su 'l diritto del nostro andare, ancor si può disegnare in carta pecorina e bambagina. Nella pecorina tu puoi disegnare, o vero dibusciare, collo stile detto, mettendo prima del detto osso, seminato isparso e nettato con zampa di levre, per su per la carta, asciutto, e spolverato in forma di polvere o di vernice da scrivere. Se vuoi, poiché hai collo stile disegnato, chiarire meglio il disegno, ferma con inchiostro ne' luoghi stremi e necessari. E puoi aombrare le pieghe di acquerella d'inchiostro; cioè acqua quanto un guscio di noce tenessi dentro due goccie d'inchiostro; e aombrare con pennello fatto di code di vaio, mozzetto e squasi sempre asciutto: e così, secondo gli scuri, così annerisce l'acquerella di più gocciole d'inchiostro. E per lo simile puoi fare e aombrare di colori o di pezzuole secondo che i miniatori adoperano; temperati i colori con gomma, o veramente con chiara, o albume d'uovo, ben rotta e liquefatta.


COME TU DEI DISEGNARE E AOMBRARE IN CARTA TINTA DI ACQUERELLE, E POI BIANCHEGGIARE CON BIACCA.

Quando hai la pratica nella mano d'aombrare, togli uno pennello mozzetto; e con acquarella d'inchiostro in un vasellino, va' col detto pennello tratteggiando l'andare delle pieghe maestre; e poi va' sfumando, secondo l'andare, lo scuro della piega. E questa tale acquarella vuole essere squasi come acqua poca tinta; e il pennello si vuole essere squasi sempre siccome asciutto; non affrettandoti; a poco poco venire aombrando; sempre ritornando col detto pennello ne' luoghi più scuri. Sai che te ne interviene? che se questa tale acqua è poca tinta, e tu con diletto aombri e senza fretta, el ti viene le tue ombre a modo di un fummo bene sfumate. Abbia a mente di menare il pennello sempre di piatto. Quando se' venuto a perfezione di questo aombrare, togli una gocciola o due d'inchiostro, e metti sopra la detta acquerella, e col detto pennello rimescola bene. E poi al detto modo va' cercando col detto pennello pur nella profondità delle dette pieghe; cercando bene i lor fondamenti; avendo sempre la ricordanza in te del tuo aombrare, cioè in tre parti dividere: l'una parte, ombra; l'altra, tinta del campo che hai; l'altra, biancheggiata. Quando hai fatto così, togli uno poco di biacca ben triata con gomma arabica (ché più innanzi ti tratterò come la detta gomma si de' dislinguare e struggerla, e tratterò di tutte le tempere). Ogni poca biacca basta. Abbi in uno vasellino acqua chiara, e intignivi dentro il pennello tuo detto di sopra, e fregalo su per questa biacca macinata del vasellino, massimamente s'ella fusse risecca. Poi te l'acconcia in su la mano [o] in sul dosso del dito grosso; racconciando, e premendo il detto pennello, e discarcandolo, quasi asciugandolo. E incomincia, di piatto, il detto pennello a fregare sopra e in quelli luoghi dove dee essere il bianchetto e rilievo; e séguita più volte andando col tuo pennello, e guidalo con sentimento. Poi, in sulle stremità de' rilievi, nella maggiore altezza, togli un pennello con punta; e va' colla biacca toccando colla punta del detto pennello, e va' raffermando la sommità de' detti bianchetti. Poi va' raffermando, con un pennello piccolo, con inchiostro puro, tratteggiando le pieghe, i dintorni, nasi, occhi e spelature di capelli e di barbe.






.oO* Mac Elf *Oo.
*.¸¸.•´¨'»*«´¨'•.¸¸.*.¸¸.• ´¨'» GrAn MaEsTrO D’AcCaDeMiA «´¨'•.¸¸.*.¸¸.•´¨'»*«´¨'•.¸¸.*

…La KiAvE DeLlA FeLiCiTà è La DiSoBbEdIeNzA In Se…

OFFLINE
Post: 59
Età: 102
Sesso: Maschile
19/02/2012 12:25

COME TI DIMOSTRA I COLORI NATURALI; E COME DEI MACINARE IL NEGRO.
Sappi che sono sette colori naturali; cioè quattro propri di lor natura terrigna, siccome negro, rosso, giallo e verde: tre sono i colori naturali, ma voglionsi aiutare artifizialmente, come bianco, azzurro oltremarino, o della Magna, e giallorino. Non andiamo più innanzi, e torniamo al nero colore. Per triarlo come si dè', togli una prieta proferitica rossa, la quale è pietra forte e ferma: ché sono di più ragioni pietre da macinare colori, sì come proferito, serpentino e marmo. Il serpentino è tenera prieta, e non è buona; il marmo è piggiore, ch'è troppo tenera. Ma sopra tutto è 'l proferito: e se togli di quelli così lucidi lucidi, è meglio; e meglio un di quelli che non sieno tanto tanto puliti; e di larghezza da mezzo braccio in su di quadro. Poi togli una prieta da tenere in mano, pur proferitica, piana di sotto e colma di sopra, in forma di scodella, e di grandezza men di scodella, in forma che la mano ne sia donna di poterla menare, e guidarla in qua e là come le piace. Poi togli quantità di questo negro, o di altro color che sia, quanto sarebbe una noce, e metti in su questa prìa; e con quella che tieni in mano, stritola bene questo negro. Poi togli acqua chiara o di fiume, o di fontana, o di pozzo, e macina il detto negro per spazio di mezza ora, o di una ora, o di quanto tu vuoi; ma sappi, se 'l triassi un anno, tanto sarà più negro e miglior colore. Poi togli una stecca di legno sottile, larga tre dita, c'abbia il taglio come di coltello; e con questo taglio frega su per questa prìa, e raccogli il detto colore nettamente, e mantiello liquido, e non troppo asciutto, acciò che corra bene alla pietra, e che 'l possa ben macinare, e ben raccoglierlo. Poi il metti nel vasellino, e mettivi dentro dell'acqua chiara predetta, tanta che 'l vasello sia pieno; e così lo tieni sempre in molle e ben coperto dalla polvere e d'ogni cattiveria, cioè in una cassettina atta a tenere più vaselli di licori.


DELLA NATURA DEL COLOR ROSSO, CHE VIEN CHIAMATO SINOPIA.

Rosso è un color naturale che si chiama sinopia, o ver porfido. Il detto colore è di natura magra e asciutta. Sostien bene il triare; ché quanto più si tria, tanto più vien fine. È buono a lavorallo in tavola, o ver in ancone o in muro, in fresco e in secco. E questo fresco e secco ti darò a intendere quando diremo del lavorare in muro. E questo basti al primo rosso.


DELLA NATURA DEL ROSSO IL QUALE VIEN CHIAMATO CINABRO; E COME SI DEE TRIARLO.

Rosso è un colore che si chiama cinabro: e questo colore si fa per archimia, lavorato per lambicco; del quale, perché sarebbe troppo lungo a porre nel mio dire ogni modo e ricetta, lascio stare. La ragione? perché, se ti vorrai affaticare, ne troverrai assai ricette, e spezialmente pigliando amistà di frati. Ma io ti consiglio, perché non perda tempo nelle molte svariazioni di pratiche, pigli pur di quel che truovi da' speziali per lo tuo denaro: e voglio insegnare a comperallo, e cognoscere il buon cinabro. Compera sempre cinabro intero, e non pesto né macinato. La ragione? ché le più volte si froda o con minio, o con matton pesto. Guarda la pezza intera del cinabro; e dove è in maggiore altezza il tiglio, più disteso e dilicato, questo è il migliore. Allora questo metti in su la prìa detta di sopra, macinandolo con acqua chiara, quanto più puoi; che se il macinassi ogni dì persino a venti anni, sempre sarebbe migliore e più perfetto. Questo colore richiede più tempere, secondo i luoghi dove l'hai ad operare, che più innanzi ne tratteremo, ed avviserotti dove è più suo luogo. Ma tieni a mente, che la natura sua non è di vedere aria, ma più sostiene in tavola che in muro; perocché per lunghezza di tempo, stando all'aria, vien nero quando è lavorato e messo in muro.


DELLA NATURA DI UN ROSSO CH'E' CHIAMATO AMATISTO, O VER AMATITO.

Rosso è un colore che si chiama amatito. Questo colore è naturale, ed è prieta fortissima e soda. Ed è tanto soda e perfetta, che se ne fa priete e dentelli da brunire oro in tavola; le quali vengono di colore nero e perfetto, bruno come un diamante. La prieta pura è di color di pagonazzo, o ver morello, ed ha un tiglio come cinabro. Pesta prima questa tal prieta in mortaio di bronzo, perché, rompendola in su la tua proferitica prieta, si potrebbe spezzare; e quando l'hai pesta, mettine quella quantità che vuoi triare in su la pietra, e macina con acqua chiara; e quanto più la trii, più vien migliore e più perfetto colore. Questo colore è buono in muro a lavorare in fresco; e fatti un color cardinalesco, o ver pagonazzo, o ver un color di lacca. Volerlo adoperare in altre cose, o con tempere, non è buono.


DELLA NATURA DI UN COLOR GIALLO CH'E' CHIAMATO OCRIA.

Giallo è un color naturale, il quale si chiama ocria. Questo colore si trova in terra di montagna, là ove si trovano certe vene come di zolfore; e là ov'è queste vene, vi si trova della sinopia, del verdeterra, e di altre maniere di colori.[OMESSO] È di due nature, chiaro e scuro. Ciascuno colore vuole un medesimo modo di triarlo con acqua chiara, e triarlo assai; ché sempre vien più perfetto. E sappi che quest'ocria è un comunal colore, spezialmente a lavorare in fresco, che con altre mescolanze; che, come ti dichiarerò, si adopera in incarnazioni, in vestiri, in montagne colorite, e casamenti, e cavelliere, e generalmente in molte cose.


DELLA NATURA DI UN GIALLO CHE SI CHIAMA ZAFFERANO.

Giallo è un colore che si fa di una spezia che ha nome zafferano. Convienti metterlo in su pezza lina, in su pria o ver mattone caldo; poi abbi mezzo miuolo, o ver bicchieri, di lisciva ben forte. Mettivi dentro questo zafferano; trialo in su la priea. Viene colore bello da tignere panno lino, o ver tela. È buono in carta. E guardi non vegga l'aria, ché subito perde suo colore. E se vuoi fare un colore il più perfetto che si truova in color d'erba, togli un poco di verderame e di zafferano; cioè, delle tre parti l'una zafferano; e viene il più perfetto verde in color d'erba che si trovi, temperato con un poco di colla, come innanzi ti mosterrò.


DELLA NATURA DI UN VERDE IL QUALE E' CHIAMATO VERDETERRA.

Verde è un color naturale di terra, il quale si chiama verdeterra. Questo colore ha più proprietà: prima, ch'egli è grassissimo colore, e buono a lavorare in visi, in vestiri, in casamenti, in fresco, in secco, in muro, in tavola, e dove vuoi. Trialo a modo degli altri colori detti di sopra, con acqua chiara; e quanto più il trii, tanto è migliore. E temperandolo, sì come ti mosterrò il bolo da mettere di oro, così medesimamente puoi mettere d'oro con questo verdeterra. E sappi che gli antichi non usavano di mettere d'oro in tavola altro che con questo verde.


DEL MODO DA FARE UN VERDE D'AZZURRO OLTRAMARINO.

Verde è un colore che si fa d'azzurro oltramarino e d'orpimento. Convienti di questi colori rimescolare con senno. Piglia l'orpimento prima, e mescolavi dell'azzurro. Se vuoi che penda in chiaro, l'orpimento vinca; se vuoi che penda in iscuro, l'azzurro vinca. Questo colore è buono in tavola, e none in muro. Tempera con colla.


DELLA NATURA DELLA BIACCA.

Bianco è un colore archimiato di piombo, el quale si chiama biacca. Questa biacca è forte, focosa, ed è a panetti, come mugliòli, o ver bicchieri. E se vuoi cognoscere quella ch'è più fine, togli sempre di quella di sopra della forma sua, che è a modo d'una tazza. Questo colore quanto più il macini, tanto è più perfetto, ed è buono in tavola. Ben si adopera in muro: guàrdatene quanto puoi, ché per ispazio di tempo vien nera. Macinasi con acqua chiara; soffera ogni tempera, ed è tutta tuo' guida in ischiarare ogni colore in tavola, come ti fa il bianco in muro.






.oO* Mac Elf *Oo.
*.¸¸.•´¨'»*«´¨'•.¸¸.*.¸¸.• ´¨'» GrAn MaEsTrO D’AcCaDeMiA «´¨'•.¸¸.*.¸¸.•´¨'»*«´¨'•.¸¸.*

…La KiAvE DeLlA FeLiCiTà è La DiSoBbEdIeNzA In Se…

Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
 | 
Rispondi

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 21:49. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com