IL'YA

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Il'ya
00lunedì 24 dicembre 2007 13:36
Background:

. : : * Un rotolo di pergameno avvolto attorno a due asticelle di legno chiaro sulle cui estremità due clipei di bronzo brunito trattengono le estremità della pelle trattata con cura su cui spicca una scrittura sottile ma regolare impreziosita da qualche svolazzo palesemente artificioso. Il rotolo giace, abbandonato nei pressi di una pietra, semi nascosto da neve e foglie secche, completamente esposto alle intemperie, lontano da qualsiasi centro abitato e tuttavia prossimo ad una strada, pochi passi tra gli sterpi lo dividono dalla via * : : .

La storia che non racconterò, la mia storia, la lascio a te, viandante, se la troverai prima che il tempo la divori, questa sarà l’unica testimonianza della sua esistenza, il Fato deciderà se mai qualcuno potrà conoscerla.

Immaginare la vita di un bimbo figlio di proprietari terrieri, nobili per denaro anzichè per casato, non è troppo difficile anche se forse pochi sanno che la cultura non è di chi sfoggia sul camino di un torrione ma di chi abilmente coltiva l’arte dei commerci, di chi nell’ombra appoggia le teste coronate troppo prese dal potere per imparare a pensare. Questo era mio padre, un’ombra dalle lunghe dita abile di penna e di lingua più che di spada, arguto senza dubbio, egoista, come sempre un buon uomo d’affari sa essere. Questo lui mi ha insegnato, nei pochi momenti che mi ha dedicato di ritorno da qualche prolungata permanenza nel palazzo di un Signore, non importa chi... il tempo cambia le cose, e lui non aveva il coraggio di cadere con chi l’aveva sorretto, o forse non ne aveva la stupidità.Una cosa è certa, i suoi obbieetivi li perseguiva con tenacia e determinazione. Crebbi con un tutore, le mie sorelle, quattro figure chioccianti cui mai ho prestato più bado del necessario e con mia madre, l’unica mossa avventata che mio padre abbia commesso. Lorelai Duboi, bella quanto irrimediabilmente pazza. Se fosse sana di mente prima della mia nascita non lo so dire ma da che ricordo ella girava dimessa, con un’ampia camicia da notte candida ricca di pizzi, i capelli scarmigliati e gli occhi blu, i miei occhi, fissi a cercare nel vuoto davanti a sè risposte a domande che spesso gridava al vento. Mi amava, a modo suo, cercava di proteggermi, una delle immagini ricorrenti, quando la riporto alla mente è lei scalza accanto al mio letto, a notte fonda, una candela spenta nella mano destra. Si chinava su di me e mi fissava fino a che non mi svegliavo, le ciocche cineree, precocemente imbiancate mi sfioravano le guance mentre lei stringeva con forza quasi spasmodica le coperte ai lati del mio corpo, le sollevava scrutando tutto il giaciglio guardinga poi si infilava sotto il letto. Alla fine dell’ispezione si rizzava nella sua considirevole statura e posandomi una mano sul capo cantilenava, guardando fuori dalla finestra:

Quando scende giù la sera
Alla luna pensa e spera
Perché nell’oscurità
C’è chi si nasconderà.

Viene senza far rumore
Come nube di vapore
Nella notte fredda e scura
La sua danza fa paura

Al bambino disattento
Si avvicina lento lento
Gli s’infila dentro al letto
Gli si arrotola sul petto

La sua spira piano stende
Ed il ballo poi riprende
Si avvolge intorno al cuore
Stringe senza far rumore

“Senti il gelo mio piccino?”
Lui domanda da vicino
Sibila dolce all’orecchio
E dell’occhio si fa specchio

Più vicino a sé lo attira
Ed il suo dolore ammira,
quando il sole torna su
il bambino non c’è più.

Inutile dire che il mio sonno non fu mai tranquillo.
Crescevo solo con i miei studi, Aernestus Hoffthendingen, il mio tutore, li dirigeva con notevole maestria. Sapeva affascinare quel suo passo cadenzato che accompagnava sempre la voce flebile ma sicura, lo sguardo acuto verso ogni cosa e l’assoluta assenza di scrupoli. Diceva di aver viaggiato molto e dal suo pessimo quanto indecifrabile accento non stento a crederlo. Era un astronomo, medico e filosofo, collezionava libri antichi e oggetti strani, forse portati da terre lontane. Fu lui ad insegnarmi ad apprezzare davvero la vita e ancor di più, fu lui a farmi capire quanto potesse utile e fruttuosa la morte. Ciò che nell’uomo non si può cercare, lo puoi cercare negli animali, ciò che non puoi testare sulle persone, lo puoi somministrare a chi non parlerà, siano essi cani, lepri... o schiavi. Non ha mai infranto nessun precetto, ma ha scoperto e mi ha fatto scoprire un sacco di cose. Ho coltivato lo scibile come una pianta rara crescendo all’ombra della conoscenza come un aconito di rara bellezza. Questo almeno egli sosteneva, ma al momento non mi importava, non era dei voluttuosi frutti di Venere che ero affamato.. Conobbi anche quello, a poco a poco,ne esplorai i misteri con dotta oculatezza traendo da ogni morso piacere e comprensione. Mens sana in corpore sano.Fu così, dalle labbra rosse di una donna, che appresi come ogni cosa è ottenibile se si costruisce una verità sopra la verità. Il mondo non attende che di essere ingannato perchè la menzogna, pur effimera, addolcisce la vita di chi l’ascolta e ne ammolla l’animo. Seppi farne tesoro, l’esercitai con dovizia senza eccedere, portando ad essa un discreto disprezzo. Non si ama tutto ciò che si conosce.
Avevo diciott’anni quando mia madre morì. Mio padre aveva da tempo preso a portarmi con sè, consapevole della propria vecchiaia sperava di poter collocare il suo unico figlio maschio, legittimo, nel posto che lui avrebbe lasciato vacante alla sua dipartita. Non a questo miravo io e così, quando infine ogni libro della nostra biblioteca fu consunto e il mio canuto tutore non ebbe più parole con cui ammaestrarmi, quando le biblioteche dei signori mi rivelarono solo tediosi cumuli di ripetizioni usai la scusa di quel lutto per allontanarmi a lui, tornare alla mia avita dimora. A onor del vero lasciai persino una rosa bianca sulla tomba di mia madre, senza lacrime ma con la sottile consapevolezza che quel fiore candido e reciso era quanto di più somigliantea lei vi fosse a questo mondo. Presi il mio cavallo e quanto mi era strettamente necessario, versai la dote di Annika, mia sorella minore, a Aernestus che l’aveva sempre voluta e me ne andai a cercare altrove ciò che ancora non avevo trovato.
Ciò che uno scienziato non dice, ma che traspira dalla gente è la superstizione. Ciò che non conoscevo era proprio ciò su cui ogni popolano, ogni pastore o chierico custodiva la sempre, il mistico, la magia, l’alchimia. Una conoscenza profonda come la tenebra, qualcosa di temuto e bramato, ricercato e fuggito. Un enorme fetta di scibile era stata obliterata per anni alla mia mente e ora, ora che sugli antichi testi avevo appreso tutte le nozioni razionali possibili non potevo che ricercare ciò che mi era stato negato. Fu lento il mio peregrinare attraverso le terre, la gente cambia idioma tradizioni e colore come il giorno scivola nella notte, a volte è difficile comprender le lingue ma il retaggio Romano par aver lasciato una porta aperta tra la gente colta, una lingua unica con cui arrabbattarsi attraverso il mondo.

Non c’è fine alle mie domande, non c’è fine al mio viaggio, ciò che cerco ora è un’isola che forse non esiste incastonata come una gemma tra le leggende più antiche e i mormorii della gente, insegui la tua chimera straniero, come io inseguo la mia, o lasciati divorare da essa.

Il ’ya Dimitrievich


Caratteristiche fisiche: 24 anni, 1 78 m, fisico longilineo con muscolatura sottile, scattante, viso dai lineamenti regolari, naso diritto e labbra morbide. Sull’incarnato chiaro, appena rosato rialta appena il blu profondo delle iridi e il rosso cupo dei lisci capelli che discendono oltre le larghe spalle fino alla vita.

Skill richiesta: SOTTERFUGIO liv. 1

Motivazione: Il’ya è cresciuto tra persone astute, abili proprio in quest’arte capaci di instillare le basi della stessa anche in lui nel corso del suo sviluppo spingendolo infine ad esercitarla proprio come un’abilità da sfruttare nel momento del bisogno.

Richiedo inoltre, se fosse possibile, la concessione della CONOSCENZA DELLA LINGUA GRECA E LATINA, data l’ambientazione medievale del GDR, i libri su cui il mio personaggio ha studiato fin dall’infanzia erano prevalentemente scritti in tali lingue, da cui la necessaria conoscenza delle medesime per poter leggere ed apprendere da essi.
Inoltre, per quanto concerne la lingua latina, essendo la lingua colta del tempo, unica universalmente valida per tutti i territori dell’ex impero romano, è il solo mezzo di comunicazione tra persone appartenenti a popoli diversi e quindi a mio avviso necessario per consentire a chi non conoscesse tutti gli idiomi dell’epoca di viaggiare.


Approfitto inoltre per ringraziare Admin e senatori per la pazienza e il lavoro che fanno e augurare a tutti Buon Natale ^^
==leia==
00lunedì 24 dicembre 2007 13:55
Il piacere di leggere un bg così ben scritto è ormai appannaggio dei bei tempi passati.

Così non posso che congratularmi con te per l'originalità del bg. Non è che la skill che richiedi sia la più coerente, ma ammetto che la storia del tuo personaggio apriva le porte a moltissime richieste senza dare a noi alcuna possibilità di obbiezione.

Per quanto concerne le conoscenze linguistiche, nessun problema. Ricorda che ad ogni pg è concesso di conoscere 3 lingue oltre al "comune".

In conclusione

BG APPROVATO
Sotterfugio lv.1 APPROVATA

Il pg conosce il greco ed il latino.


Buon gioco.

Ps: i senatori non esistono più. Noi siamo caporazza e prefetti...il Senato Umano appartiene al passato tanto quanto la qualità stilistica che hai dimostrato. Ancora complimenti. [SM=g7566]
Il'ya
00lunedì 24 dicembre 2007 14:25
Chiedo venia... in ogni caso ringrazio per i complimenti e ne faccio a mia voltà per la celerità delle risposte. A questo punto... ci si vede in on... alla prossima skil [SM=g7574]
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