L'amor perduto

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D!m!tr!
00giovedì 31 gennaio 2008 23:53
DISCLAIMER:
I contenuti di questo racconto sono in alcuni casi forti. Chi se ne sentisse offeso non prosegua nella lettura.

NOTA OFF
Nella seziona Miti&Leggende, tra ballate popolari, filastrocche, poesie e racconti di vario genere è custodita anche questa favola. La pergamena su cui è tracciata, così come il tipo di scrittura, rivelano che non si tratta di cosa particolarmente antica, sebbene comunque risalente ad almeno un paio di secoli.

Un grazie a me. Grazie.

TESTO
Narran le storie di come un uomo, cui le passate primavere aveano lasciato come unico omaggio il grigiore del crine e una fitta trama di rughe, si invaghì d'una giovane del suo villaggio. Ella era femmina dal contegno e dalle forme di una principessa, sebbene le sue umili origini la volessero destinata al lavoro di lavandaia. Gli occhi pieni d'infantile candore, la pelle bianca come latte, i lunghi e lisci capelli neri, ne facevano oggetto ambito da tutti i giovani del villaggio.
Tuttavia ella, sebbene non accettasse le lusinghe di nessuno tra i suoi corteggiatori, aveva l'incomparabile abilità di non scontentar mai nessuno pur a nessuno donandosi.
Accadde che il freddo che batte come zanne di bestia le terre di cui vi narro ghermisse il villaggio in una morsa che spezzò i più, lasciando agli altri l'infelice computo dei morti e delle perdite. Fu allora che il nostro uomo, avanguardia dello sciacallo, si fece alla porta del padre della lavandaia. Ei non era certo lo sposo che si sarebbe voluto per una simile creazione di Madre Natura, tuttavia avea da offrir in dote terre e possedimenti e denari sufficienti a sconfigger anche la più onesta delle rimostranze.
Fu così che il padre accettò, comprato da pochi denari che non gli permisero comunque di veder la figlia maritarsi: gli stenti ruppero qualcosa nel suo petto per mai più ricomporlo.
Seppellito con lo spuntar dei primi boccioli, la sua lapide fu testimone dell'unione tra l'uomo e la lavandaia. Ella era oltre che bella, saggia ed ubbidiente. Sebbene a malincuore non mise in discussione l'accordo del padre ed accettò il vecchio che con tanta bramosia la spiava ormai da mesi mentre era intenta nelle proprie faccende. Chiuse a doppia mandata il cuore suo e si decise tra lacrime e sospiri a far comunque del proprio meglio perché il futuro marito non avesse mai di che lamentarsi.
Ei tuttavia ben presto capì che 'l denaro non tutto avea comprato. Ella era indiscutibilmente moglie onesta, laboriosa, attenta e fedele. Ma gli occhi con cui lei lo guardava, l'abbandono con cui si concedeva a lui nell'alcova, tutto significavano tranne che amore. Non è chiaro come certi individui possano effettivamente ridestare il proprio cuore, accendendolo nell'amore, ma ei pareva che fosse vittima di questo morbo sottile. La peggiore delle malattie, il più terribile tra i crucci: l'amor non corrisposto.
Così, col tempo, divenne vecchio violento e offensivo. Le sue parole erano sol cariche di ingiurie e le sue mani regalavano manrovesci anzi che carezze. La lavandaia dal canto proprio silenziosamente sopportava gli schiaffi alle gote e alla dignità, decisa a tener fede al giuramento che, sebbene estorto, la voleva legata a questa meschina creatura. Ella rimase pura nell'azione e nel pensiero, fedele e diligente come un cane ben addestrato. Ma certo se prima in lei non c'era amore, adesso solo l'aridità di una vita consumata nel niente faceva da sfondo ad ogni pensiero suo relativo al marito.
Accadde una notte che 'l vecchio s'attardasse presso la bettola del villaggio, giocando ai dadi. Molto spirito fu versato nei bicchieri, molte monete nelle tasche altrui. Quando si apprestò a rincasare quasi albeggiava, con la testa piena del torpore dell'ubriaco e le tasche quasi completamente vuote.
Trovò la moglie già intenta a prepar la casa per il giorno che incombeva, spignattando in cucina qualcosa che le facesse da colazione.
Alle volte il cuor ha le sue ragioni, cui la mente nulla può. Niuno sa quale folgore demoniaca attraverso i pensieri del vecchio o quale malvagità si impossesso degli arti suoi. Fatto sta che come un lupo famelico ei si avventò sulla giovane, serrandole attorno al collo quelle sue mani avvizzite e togliendole la vita con l'ultimo respiro.
Compiuta che era questa empia infamità tuttavia il cancro del rimorso si fece strada in lui con la potenza di un fiume che rompa gli argini. Ei pianse quella moglie devota, maledicendo sé stesso e rivolgendosi agli dei perché le permettessero di ripercorrere a ritroso il fiume che conduce all'Ade. Il sole descrisse il suo arco nel cielo, accompagnato dalle lacrime e dalle suppliche del vecchio, steso al fianco della donna amata cui lui stesso avea tolto il bene della vita. Giunto che era l'imbrunire la caricò in spalla e si allontanò dal villaggio, col la testa piena di lugubri pensieri. Pregava gli dei onnipotenti di prendere la propria vita in cambio di quella di lei, pregava gli spiriti di soffiare nuovamente in quelle nari l'alito della vita.
Accompagnato da queste suppliche raggiunse il bosco buio e profondo che si allarga poco lontano dal villaggio. Nel fitto di quei rami, nell'intrico e nel mistero di quei silenti arbusti, più di uno si è avventurato per mai fare ritorno. Su cosa gli sia capitato in molti si interrogano, alla bettola, illuminati dalle braci del fuoco che muore, percorsi da brividi di orrore.
Troppo stravolto era il vecchio per ricordare i moniti degli uomini e le sparizioni, con il suo fardello di morte sulle spalle si avviò. La foresta, a volerlo punire per l'oscenità perpetrata, coi suoi rami schiaffeggiò, strappò, lacerò la pelle dell'assassino, che quasi accolse questo castigo come una liberazione. Quasi che ogni stilla di sangue versato fosse un lavaggio all'indelebile macchia che avea sulla coscienza.
Giunto che fu nel cuore della foresta, con le nude mani scavo una fossa nella terra umida. Impiegò lungo tempo e fatica e dolore. Le mani al termine di questo compito ingrato erano ancor più scarnificate e scheletriche di quanto non lo fossero prima per effetto del tempo.
Ivi depose la sua sposa. Amata ed odiata in un sol tempo. E ormai, unica certezza, perduta per sempre. Rimase tutta la notte a piangere sul di lei tumulo, rinnovando suppliche e sospiri agli dei che, beffardi, taceano.
Fu al rinnovarsi dell'alba che accadde qualcosa. Il vecchio, devastato dalle ferite, consumato dallo sforzo e quasi morto per il gelo della notte, vide la terra smuoversi ed una mano, pallidissima, sbucare. La riconobbe. Trattavasi della tanto amata lavandaia. Che gli dei avessero accolto le sue preghiere? Che il destino si fosse deciso ad invertire i propri passi? Che il traghettatore, mosso a compassione, avesse riportato la giovane sulla sponda dei vivi?
Affondò le mani lacere nella terra ancora fresca e prese a scavare, volendo liberare la propria sposa. Manciata dopo manciata continuava a ripetersi che d'ora in poi tutto sarebbe cambiato. Mai più avrebbe osato mancare nei riguardi di quella meraviglia che la sorte gli aveva tanto generosamente affiancato. Un palmo alla volta si diceva che sarebbe stato uomo buono, che l'avrebbe sostenuta ed amata in ogni modo fino al giorno del trapasso e se possibile anche oltre. Alla fine le forme di lei furono quasi del tutto libere. Ella si sollevò autonomamente dal freddo giaciglio che il proprio carnefice le aveva eletto tanto scioccamente come ultimo.
Il vecchio la fissò, incredulo e meravigliato al contempo. La morte aveva lasciato su di lei il suo passaggio: gli occhi verdi e profondi della sua lavandaia ora altro non erano che due palle bianche e lattaginose. E, questo lo notò con vivissimo orrore, laddove ei aveva affondato le mani, nel collo, la pelle era livida e bluastra. La pelle di lei, percorsa da oplaescente candore, era ora solo un freddo sudario, il cui candore faceva pensare più ad un qualcosa di morto che al candido alabastro.
Non gli importava: qualsiasi cosa pur di riaverla indietro. La prese tra le braccia e lo sforzo per non ritrarsi fu enorme. Era gelida. Fredda come le dita delle Morte stessa. Gli dei lo avevano ascoltato, non poteva non accettare il loro dono e il loro favore. Così vinta ogni resistenza rivolse al suo orecchio dolcissime parole d'amore. La storia vuole che l'amore da ei sprigionato in quell'attimo fu così forte da far aprire in fiore i duri boccioli dell'albero ai piedi del quale ella era stata tumulata.
Ma la lavandaia rispose a questa accorata dichiarazione del marito con un sommesso mugolio. Che la Morte avesse chiesto in pegno anche la lingua della giovane? Neanche questo parve aver importanza per il vecchio. Una cosa gli dei avevano risparmiato: le labbra per un bacio.
Si chinò per trasmetterle con il contatto della bocca quel che già le parole aveano manifestato. La donna avea la bocca guasta, indurita dal gelo del trapasso e gonfia di terra. Eppure parve in qualche maniera rispondere a quel gesto tanto accorato.
Il cuore del vecchio sprizzò un amore fino ad allora mai provato così intensamente. Fu con il petto e la mente gonfi di questi pensieri raggianti che lo raggiunse il beffardo rovescio del Fato.
I denti della lavandaia affondarono nella sua carne, portando via al contempo le labbra che lo baciavano e la lingua che tanto a lungo l'avea calunniata.
Il vecchio si ritrasse in una maschera di sangue urlante. E mentre l'orrore e gli stenti chiudevano le dita attorno al suo cuore vecchio e stanco, gli occhi gli regalarono come ultimo ricordo del mondo l'immagine della sua amata, stravolta dalla Morte che affondava i denti in quel che restava del suo viso.
Cosa voglia dirci questa favola, lascio a voi stabilirlo. Ma una delle mute pietre affondate nella foresta recita quanto segue:
'La morte non si nasconde nel luogo ove è manifesta.'
In calce a questo lugubre annunciò una firma: Tursal' Komon.
Badate quindi e vegliate, affinché se non siete voi a destare i morti, non siano loro a destare voi.

NOTA OFF GAME: 2
Coloro i quali si avventurino lungo il sentiero che conduce nella zona Ovest del Bosco Oscuro, se abbastanza attenti, non faticheranno a notare, ai margini del sentiero battuto, una pietra che effettivamente reca l'incisione menzionata poco sopra.
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