Stellar Blade Un'esclusiva PS5 che sta facendo discutere per l'eccessiva bellezza della protagonista. Vieni a parlarne su Award & Oscar!
 
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Autore

Kevin

Ultimo Aggiornamento: 27/02/2016 20:29
OFFLINE
Post: 3
Città: MILANO
Età: 38
Sesso: Maschile
20/02/2016 23:13

Oggetti da bg:
Giacca in pelle con rivestimento interno di lana. Vecchissima e abbastanza rovinata
Un mazzo di carte da gioco
Una copia dell'Iliade e una dell'Eneide in latino

Età: 40 anni

Altezza: 190 centimetri
Peso: 70 chili
Occhi: Color ambra, stranamente grandi
capelli: Neri, lunghi fino alle gambe
Segni particolari: Svariate cicatrici sul corpo, parecchie di queste situate sulla schiena.

Particolarità:
Soffre di un disturbo ossessivo compulsivo abbastanza grave: it.wikipedia.org/wiki/Disturbo_ossessivo-compulsivo

Cecità isterica: it.wikipedia.org/wiki/Cecit%C3%A0_isterica
In seguito a profondi stress emotivi, potrebbe rimanere momentaneamente cieco. Non stress emotivi come duelli e cose del genere, ma come prigionia o momenti in cui non può eseguire per lungo tempo i suoi "riti". La cecità può avere varia durata. Da pochi istanti ad alcuni giorni, ma mai troppo a lungo.
Allineamento: Neutrale malvagio

Skill richiesta: Sotterfugio liv 1 (era un attore)

Lingue conosciute: Francese, tedesco, Latino (sa leggerlo e parlarlo, ma non scriverlo bene). Il tedesco è la madrelingua.

Clan: Nordico

Particolarità richiesta: Vorrei fare una richiesta specifica per questo personaggio. Vorrei che arrivi ancora ferito, in particolar modo: una ferita in via di guarigione alla spalla destra, che però richieda cure e diverse ferite da frustate sulla schiena.


Bg
Questa è la storia di un uomo che amava fare l'amore nei vicoli, in quei quartieri che sembrano dimenticati da Dio e dall'intera umanità.
Uno dei quartieri più sporchi dell'intera Germania, quei quartieri dove il sole non arriva.
Una casa vecchia che sembra reggersi in piedi per puro miracolo e una sartina che aveva visto tempi migliori.
Lysa aveva solo sedici anni quando rimase incinta. Era figlia di una delle più rinomate sarte del regno, che lavorava direttamente per il Duca Aeron Lisery, uno dei più influenti a corte.
La famiglia di sua madre lavorava solo per la sua famiglia da ormai diverse generazioni. Lysa credeva davvero che Aeron l'amasse. Ne era sicura, e si concesse a lui, o almeno così la raccontava il duca.
Sua madre diceva che l'aveva costretta ad condividere il letto, minacciandola di far cacciare tutta la sua famiglia.
Quando rimase incinta fu semplicemente cacciata di casa. Andò a vivere in quel piccolo quartiere, e si mantenne cucendo, con quell'abilità che le era stata insegnata fin dall'infanzia, ma il marchio di puttana le rimase impresso per tutta la vita.
Eppure era allegra, e amava teneramente suo figlio. Gli insegnò che gli uomini sono buoni. Che il male non esiste.
Ed Kevin era semplicemente uno dei tanti monelli di strada, di quelli che passavano la mattina a rubacchiare in giro. Imparò a rubare prima di imparare a leggere.
Inizialmente solo qualche mela dal mercato, che portava in dono a sua madre.
Dalle mele passò alle cipolle, poi a qualcosa di più sostanzioso. Si sentiva responsabile per sua madre.

"Lei cuciva sempre, non passava ora senza che la vedessi con ago e filo in mano. Per via della sua nomea di prostituta la gente la pagava ben poco. Pochi spiccioli per abiti che senza dubbio valevano ben di più. A stento si rifaceva delle spese.
Perfino la chiesa esigeva da lei abiti talari pagandola ben miseramente rispetto alla magnificenza delle sue opere. Tutto perché non era mai stata sposata.
Ed io non capivo.
Io non capivo chi mi avesse pagato un precettore per studiare, un vecchio prete sputasentenze cui andavo ogni mattino. Compresi anni dopo che chiedeva favori sessuali a mia madre, nonostante lei gli avesse offerto tutti i suoi risparmi.
Studiare con quel prete era un calvario. Latino. Lingue morte, lingue che odiavo. Storia. Geografia. Noia. Di tanto mi appisolavo durante le lezioni, e allora, solo allora lui faceva calare su di me la verga, destandomi all'istante.
Mentivo dicendo che non mi faceva male, mentre una striscia dolorosa percorreva la mia schiena"

Era ignaro che i suoi zii e cugini conducevano una vita ben più dignitosa della sua. Mentre lui rubava per aiutare sua madre, mentre lui cresceva a pane nero e grezzo, i suoi parenti mangiavano pane bianco e soffice.
Lui era un piccolo lustrascarpe. Puliva gli stivali altrui in mezzo alla strada, quando il prete aveva finito le lezioni, ma spesso i soldi non bastavano, anzi, non bastavano mai. E allora rubava. Qualche volta riusciva a mettere da parte qualcosa.
Li incontrò per la prima volta quando il Duca e la sua famiglia tornò da un viaggio in Italia in cui si era portato la servitù e i sarti.
Li vide passare con la carrozza e fermarsi dal fabbro cui rubava la torba per rivenderla ad altri. Non gli piaceva farlo. Finché si trattava di rubare frutta e verdura era un conto, ma quel fabbro gli voleva bene, si fidava di lui. Si sentiva sporco dopo aver rubato e rivenduto.
All'epoca, Kevin era un bambino di cinque anni infagottato in una giacca che aveva trovato in strada abbandonata, e che sua madre gli aveva adattato addosso alla perfezione. Quella giacca durò molti anni, perché era una taglia da adulto.
Con un paziente lavoro di cucito, sua madre la strinse in modo da poterla in seguito riadattare.
Aveva i capelli neri e gli occhi di un castano talmente chiaro da essere gialli, la pelle bianchissima.
Suo padre lo riconobbe all'istante. La somiglianza aveva un che di addirittura impressionante con i vecchi ritratti del Duca da bambino, e non accorgersene era impossibile. Soprattutto perché il duca aveva un figlio di un anno più grande di lui. Messi vicini, i bambini sembravano quasi gemelli.
L'uomo gli si avvicinò e si chinò su di lui.
Gli mollò uno schiaffo talmente forte da fargli girare la testa e gli intimò di andarsene, perché insudiciava il passaggio.

"Ricordo perfettamente quel giorno.
-Perché?- domandai. Piangevo. Ricordo che piangevo.
-Perché non devi stare qui. Torna da tua madre. Sempre che non sia con un cliente- io non compresi subito.
-Mamma è una sarta-
-Tua madre si vende in giro- strinsi i pugni, arrabbiato. Era la prima volta che mi arrabbiavo in vita mia. In realtà lo sapevo, lo avevo quasi intuito. C'erano due o tre nobili che di tanto in tanto passavano a trovare mia madre. Ed erano i giorni in cui mi cacciava di casa. La pagavano poco, ma quei soldi ci aiutavano a sopravvivere. Lo sapevo, ma avrei preferito continuare a ignorarlo. A fingere di non saperlo. Il duca mi diede un altro schiaffo.
E poi un altro e un altro ancora. Sembrava non stancarsi mai di colpirmi, nonostante le mie urla e le mie lacrime.
La mia testa aveva appena smesso di girare quando mi ritrovai in braccio al fabbro.
-Perdonatelo Duca, è mio figlio. Non riesco mai a tenerlo buono in casa, deve per forza gironzolare- mi accorsi dopo che il Duca aveva alzato nuovamente la mano per colpirmi, ma la vista del corpulento fabbro lo frenò.
-Menti bene, fabbro. Non è tuo figlio- mi ritrovai a guardare un paio di occhi perfettamente identici ai miei. Solo che i suoi erano cattivi, e mi odiavano -è il figlio di una puttana. La stessa puttana che ho cacciato di casa dopo che è stata ingravidata da chissà chi- il fabbro mi strinse a se e continuò a mentire -Dammelo. Due o tre giorni chiuso nelle celle gli faranno capire cosa succede a chi non rispetta la legge- fortuna volle che in quel momento arrivò la moglie del fabbro.
Era una donna sveglia e capì subito la situazione.
Mi strinse al petto e mi colmò di baci, piangendo e chiedendomi dove fossi stato.
Quella sceneggiata e l'arrivo del resto della famiglia del duca, mi salvarono dalle prigioni."

Una settimana dopo, Kevin si presentò dal fabbro con i guadagni di sette giorni passati a lustrare le scarpe di nobili.
E confessò di avergli rubato la torba.
Il fabbro ne restò stupito, ma non accettò i denari.
Lui li mise da parte. Uno dopo l'altro, nascondendoli in una grossa scatola che di tanto in tanto apriva per aiutare sua madre.
Era ancora un bambino. Un bambino innamorato di sua madre, un bambino che la guardava con occhi lucidi quando la vedeva china a studiare un vestito.
Per lui, sua madre voleva il meglio. Esigeva che studiasse, che non diventasse come lui. Che non fosse costretto a una vita di stenti. Che non subisse gli sgarbi dei vicini e l'odio dei nobili. Come la servetta di corte che rideva ogni volta che li guardava e spargeva malignità in giro. Come la Ducassa che gli mandava i figli a "diventare uomini". Kevin provava rabbia in tutto questo, e si sforzava di studiare il più possibile per garantire a sua madre un futuro. Per lei. Avrebbe fatto tutto per lei.
Aveva otto anni quando abbandonò la Germania. Quando era ormai abbastanza somigliante al padre da rischiare di coprirlo di ridicolo davanti a tutti. Fu con una scusa che arrestarono sua madre.
Piombarono in casa le guardie, l'accusarono di prostituzione. Li videro arrivare da lontano, e Lysa cacciò nelle tasche di suo figlio tutti i soldi che c'erano in casa e lo spinse fuori dalla porta sul retro. "Non girarti" disse "Scappa e corri più forte che puoi" ed Kevin ubbidì, spaventato, ma si nascose nel retro.
La vide accasciarsi e morire, vide le guardie distruggere la casa. Fu in quel primissimo momento che l'odio cominciò ad entrare dentro di lui. In quel momento la luce fu coperta da una piccola zona d'ombra che non l'avrebbe mai abbandonato.

Odio. Sublime nettare che avvelena il cuore
come sangue è rosso il suo colore
Odio. Smodato, dolce, irascibile
caldo, feroce, sensibile

Nonostante il freddo di quell'inverno, nonostante la paura e il terrore, l'odio riusciva comunque a scaldarlo. A dargli forza. L'odio per il Duca, l'odio per suo padre.
Pensò subito di correre dal prete, ma costui gli chiuse la porta in faccia, spaventato. Kevin tentò di tutto per farsi aprire la porta. La prese a pugni, lanciò sassi contro la chiesa fin quando qualcuno non lo cacciò via a calci. E lui riprese a correre.
Corse più forte che poteva, ignorando le fitte di dolore ai fianchi e le lacrime sul viso fin quando qualcuno non lo fermò.
Era un uomo alto, troppo per lui che era solo un bambino. Kevin si difese mordendo, scalciando e graffiando, ma lo sconosciuto non voleva fargli del male. Era un attore, uno da quelli di cui sua madre lo metteva in guardia. "Sono zingari" diceva "Devi stare attento. Le loro donne ti lanciano il malocchio" "E cosa fa il malocchio, mamma?" "Ti fa crescere enormi bubboni sul naso"
Lo trascinò fino alle tende in cui viveva con i suoi compagni. Gli diede da mangiare e lo portò via, decidendo di adottarlo in quel preciso istante.
"Verrai con me" disse una volta appresa la sua storia "Farò di te un attore della nostra compagnia. Nessuno ti troverà, anche se quegli occhi d'ambra potrebbero destare sospetto. Ti tingeremo i capelli e cambieremo tutto il resto".
Quello che Kevin all'epoca prese per buon cuore, era in realtà un freddo calcolo. Gli affari non andavano bene, servivano altri attori, e un bambino può interpretare una vasta quantità di parti. Negli anni che seguirono, Kevin imparò a recitare alla perfezione, a fingere. Girarono il mondo, impararono lingue.
Divenne zingaro come loro, imparò a travestirsi e a mentire, ma senza dimenticare. Assunse il nome di Claude, imparò alla perfezione il francese, riuscendo anche a imitarne l'accento. Continuò a studiare, a raffinare i suoi modi affinché a prima vista sembrasse un nobile.
Non era una vita facile. Il capo della compagnia, Kluas Shaffen, esigeva sempre la perfezione nella loro recitazione. Erano tutti terrorizzati da quel vecchio obeso che contava i soldi nascosto nel suo carro e dava loro solo gli spiccioli. Ma Kevin, ormai Claude, riuscì a farsi benvolere. Sapeva essere convincente, quando voleva. Nel giro di otto anni divenen il suo preferito, anche se questo non gli evitava occasionali colpi di frusta quando sbagliava una battuta o la riduzione del compenso.
Ma Claude lasciava correre. Si nutriva dell'odio che provava verso Klaus, lo lasciava macerare lento nel suo cuore, in attesa di una buona occasione.
Ed era un buon attore. Creava lui stesso le parti, e prediligeva i ruoli da cattivo. Aveva creato la falsa facciata del Re di Cuori, che impersonava sul palco come rappresentazione del male, e si divertiva. Gli altri attori della compagnia avevano paura di lui, perché quando recitava era forse fin troppo credibile. Non era raro che qualcuno finisse la commedia con veri lividi sul corpo, ma a Klaus andava bene, fintantoché la gente pagava.
Per Claude, erano semplici incidenti di percorso.

Io sono il Re dal cuore nero
nero come l'odio, rosso come il sangue
io sono colui che odia davvero
odia il mondo ed odia il cielo
Io non sono come i pagliacci
non mi vesto di stracci
Io cado cado cado cado cado giù!
Ma poi mi rialzo e torno sù!

Quando esordiva così sul palco, un brivido scorreva lungo la schiena degli spettatori.

Cominciò a scrivere lui stesso le commedie quando aveva quindici anni, ed erano commedie nere, scure, talmente cupe che non potevano essere eseguite alla luce del giorno, perché sarebbero senza dubbio stati accusati di blasfemia. Rappresentavano di notte, di nascosto, spettacoli in cui tutto (o quasi) era vero. L'apice lo raggiunse possedendo una donna sul palco, attrice anch'ella. Ciò che avrebbero dovuto fingere risultò vero, e il pubblico ne fu semplicemente estasiato.
Provava un certo senso di calma ferendo gli altri, come una sorta di muta vendetta. Assunse via via sempre più potere nella compagnia teatrale, che ormai contava cento membri. Molto spesso, Klaus lasciava dirigere tutto a lui, nonostante non avesse neanche vent'anni. Quando qualcuna rimaneva incinta, per Clause era solo un futuro attore in più. O un bambino da vendere. Non gli importava se fosse suo o di altri. Aiutava le attrici a vendere i loro figli a coppie ricche che non riuscivano ad averne. E si faceva pagare una piccola percentuale. In breve aveva messo abbastanza soldi da parte per aprirsi una sua attività, ma Klaus costituiva un grosso problema. Lo controllava da vicino, era sempre molto attento a ciò che faceva.
Per questo lo uccise. Aveva ventidue anni, recitava da fin troppo tempo per fingere. Accadde dopo che Klaus gli aveva negato il permesso di uno spettacolo completamente nudi. "Ci esibiamo di nascosto, è vero, ma se qualcuno dovesse comunque denunciarsi? È da folli, Claude, scordatelo". Bastò del te avvelenato e lui divenne il capo della compagnia.
Ne cambiò perfino il nome, e divenne "la compagnia delle ombre".

Era finalmente un Re, e non di quelli finti che impersonava, ma un Re vero, con cento e più servi. Il potere che aveva sempre sognato era lì, a portata di mano, e lui l'aveva afferrato.
Aveva guardie del corpo, gente che teneva stretta col denaro, e pagava bene i suoi attori affinché non lo tradissero mai. Si informò sulle famiglie che avevano lasciato per poterli ricattare.
Fece entrare la compagnia in quasi completa clandestinità. Solo spettacoli notturni per gente dal cuore forte. Spettacoli di vendetta, spettacoli reali, che si tenevano di solito in aperta campagna, in casolari abbandonati o addirittura, spesso, senza niente a coprirli dal cielo. La gente pagava parecchio per assistere, ma veniva regolarmente.
Aveva abbastanza soldi per permettersi qualche sfizio. Mandò alcuni mercenari a rapire il prete che anni prima l'aveva cacciato e lo uccise sul palco, nel bel mezzo di uno spettacolo.


"Quello che avete davanti, signori, è un uomo di sessant'anni legato e imbavagliato. Lo vedete piangere, miei cari spettatori, ma credete tutti sia un attore eccellente. È vestito da prete e in testa ha due orecchie d'asino. Molti di voi ridono. Siete tutti persone perbene, perché venite qui a vedere sangue, sesso e morte? Perché vi nutrite di dolore? Forse in realtà non siete così perbene. Per la maggior parte siete uomini, ma tra voi vedo anche donne. Siete persone perbene che si eccitano per la violenza. E per la morte.
Ma è tutto finto, non vi preoccupate. Vedete quell'uomo? È solo un attore eccellente, come avete pensato prima. Anche se piange. Finge. È un attore! È come loro! Guardate i miei amici come lo portano a me. Sono le carte, io sono il Re di cuori. Ed ora lo metterò in croce"

E provò uno strano senso di soddisfazione nel piantargli i chiodi nei polsi, nel sentirne le urla da agnello sgozzato.

Io sono la vendetta,
la poesia maledetta
Sono colui che ti ucciderà sorridendo
riderò mentre starai morendo
con un coltello piantato nel cuore
io sarò il tuo dolore.

E non gli importava che di giorno, alla luce del sole, la gente si scansasse al suo passaggio. Lo temeva il pubblico e lo temevano i suoi stessi attori. E Claude non poté fare a meno di sorridere, pensando che se avesse avuto quel potere anni prima sua madre sarebbe ancora viva.

Io sono il Re di cuori.
Temimi.
ODIAMI.
Perchè tanto dolce è l'odio quando è ben indirizzato, carezzato e coccolato come un gatto che fa le fusa.
Odiami, altrimenti sarò io a odiare te!
Odia il prossimo tuo, ama te stesso.
Urla piangi e ridi, ma canta, canta sempre.
Odia ed ama, ma non amare mai troppo.

Non si innamorò mai. Ebbe diverse donne, che si condevano a lui, un numero incalcolabile di figli. Alcuni sparsi in giro per il mondo, adottati da famiglie facoltose. Fare in modo che venissero affidati a genitori ricchi, fu l'unica cosa che fece per loro. Altri nella compagnia, a recitare e a temerlo, esattamente come tutti gli altri bambini e gli adulti.
Aveva trent'anni ormai, e aveva ucciso il prete che l'aveva scacciato. Dal prete era passato ai nobili che insidiavano sua madre. Faceva sempre in modo che le esecuzioni avvenissero in nazioni lontane dalla Germania. Li faceva portare ad esempio in Svizzera, oppure in Spagna, e lì li uccideva. Li giustiziava. Nessuno dei suoi attori aveva il coraggio di credere che quelle persone morivano davvero. Speravano fossero solo altri attori.
Come loro.
All'età di trentacinque anni, le sue vendette erano quasi tutte compiute. Mancava solo suo padre, ma era irraggiungibile. Il Duca era protetto, troppo per i suoi mercenari. Riuscì solo a ucciderne la moglie, ma per il momento andava bene. Per lui aveva in mente qualcosa di peggiore della morte.
Trascorsero altri cinque anni più o meno tranquilli. Cinque anni in cui continuò a uccidere. Da semplice gruppo di attori, era riuscito a trasformare quelle persone in una sorta di corte dei miracoli di cui era giudice supremo.
Uccideva assassini, ladri e stupratori in mancanza dei suoi personalissimi obbiettivi di vendetta. Esigeva ubbidienza totale da chi gli stava intorno, ed erano tutti troppo terrorizzati per reagire o scappare.
-Guardami male e ti farò uccidere- era la sua frase ricorrente. Amava sporcarsi di sangue. Aveva un che di puro. Di liberatorio, soprattutto quando compiva una vendetta. Aveva i suoi riti. Riti che in breve tempo finirono per divorarlo completamente. Aveva le sue cose da compiere, senza le quali aveva la netta sensazione di perdere il controllo della sua vita. E lui odiava non avere il controllo di qualcosa.
Come tutti i tiranni, divenne ben presto paranoico e iper protettivo, soprattutto con la sua gente. Non aveva problemi a maltrattarli, ma doveva essere lui a farlo. Ogni intrusione esterna era proibita. Passò un po' di tempo, si spostarono in diverse nazioni. Francia, Inghilterra, Germania. Spagna....videro praticamente tutto il mondo conosciuto, si spinsero nei più recondoti anfratti attirando spettatori con quel macabri spettacoli. Tranne due o tre, aveva amici, solo un "vice", che istruiva come una scimmia ammaestrata. Daniel. Un ragazzo che lo seguiva in qualsiasi commissione e che gli era fedele, anche se Claude non si fidava.
In fondo, anche lui era stato fedele a Klaus.
Decise di lasciargli il comando quando tra la folla vide suo padre. Si trovavano in un paesino in Germania, incredibilmente vicini, eppure...eppure erano passati anni, e Claude non credeva fosse ancora vivo. Fu preso da una risata isterica in scena.
Organizzò il suo omicidio poche ore dopo, quando lo spettacolo fu finito. Prese alcuni dei suoi uomini, mandò gli altri in Spagna, dicendo che li avrebbe raggiunti a breve. Erano in cinque. Tre uomini e due donne, le uniche della compagnia di cui si fidasse abbastanza per affidare una missione del genere.
Passarono il mese successivo a nascondersi tra la folla della città, a spiare il Duca, e finalmente videro un procugino di Claude che gli somigliava abbastanza, un uomo di nome Alain. Gli estorsero tutte le informazioni possibili sulla famiglia e lo uccisero, così che Claude potesse vestirsi come lui. A prima vista era molto difficile riconoscerli. -Solo che questo stronzo non ha cicatrici o segni, ed ha la pelle più chiara della mia- fece notare. Ma per lui, attore navigato, non fu difficile travestirsi in modo tale da nascondere le loro diversità. -Vi ricordo che non dovrete ucciderlo se non ve lo dirò io- ordinò. Approfittarono di una festa di famiglia, cui Alain sarebbe arrivato in ritardo, e intanto due dei suoi umani e una delle donne si sostituirono alla servitù. La terza, l'ultima, sostituì una balia. E lei era cruciale.
Kevin salutò tutti con attenzione, stando attento a non tradirsi nel comportamento. Alain in fondo era un cavaliere, ed era perfino più grande di lui. Assumerne l'identità non era facile.
Alaya non sarebbe potuta entrare dalla porta principale, ma si erano accordati in un certo modo. Kevin era euforico. Vide suo padre e lo salutò con rispetto, per non fargli sorgere sospetti. Finse di aver bisogno di parlargli, e lo condusse in una camera, dove i suoi complici avrebbero dovuto aspettarli dopo aver superato delle guardie. Si fecero trovare mentre pulivano le camere, ed erano presi da comuni faccende.
Il Duca Aeron Lyserin gli posò una mano sulla spalla e lo guardò a lungo, prima di riempirsi due bicchieri di Whisky e porgerglierne uno che Kevin non bevve.
Lo guardò sedersi su una poltroncina.
-Sei il bastardo di Lysa. Alain non mi somiglia così tanto- disse con ironia nella voce. Kevin non lo rispose, colto alla sprovvista per la prima volta nella sua vita. -Mi è un po' dispiaciuto che sia morta, era una bravissima sarta- la voce si fece monocorde, e il bicchiere nelle mani di Kevin tremò leggermente. Fu preso da una rabbia molto simile a quella di quando era bambino, e provò l'impulso improvviso di ucciderlo -Sei scappato per...quanti anni? Trenta?-
-All'incirca- il Duca lo guardò con un sorriso.
-Sembri più giovane della tua età. Hai avuto figli?-
-Solo bastardi. Sono lieto di informarti che ti somigliano parecchio, ma sono tutti affidati a famiglie potenti in giro per il mondo. Se tu dovessi toccarli ti ammazzerebbero-
-Ah ma non volevo farti del male. A dire il vero volevo strapparti a lei e portarti qua. Sei veramente l'unico che mi somigli così tanto dei miei figli- lo guardò con ammirazione, ed Kevin sgranò gli occhi -Ma dovevo strapparti da tua madre, prima. Lei non doveva esistere. Avremmo detto che ti aveva rapito da bambino. Mia moglie era disposta ad accettarlo- Kevin sentì un dolore improvviso alla mano sinistra e il sangue colare a terra. Nella rabbia aveva rotto il bicchiere. Si asciugò il sangue con estrema calma e passò i minuti successivi a pulirsi la ferita. -Non puoi togliere tutto il sangue che ti ha sporcato le mani in questi anni. I soldati che quel giorno hanno ucciso tua madre. Tutti morti. Il prete che ti negò l'ingresso in chiesa. Morto. Diversi nobili minori della corte. Morti anche loro. E poi ci sono anche persone non capisco, ma suppongo siano solo state scortesi, no?-
-Come sai che sono morti?-
-Se fossero state una o due persone avrei pensato fossero scomparse. Ma trentasette persone....e alcune anche alte esponenti? No, sono morti di sicuro. E poi gli attentati alla mia vita...- Kevin sorrise -Ora sei qui a uccidere me, vero? Spero tu sia cosciente del fatto che tra dieci minuti le guardie arriveranno qui. Ho detto loro di raggiungermi. Sospettavo di te-
-Non credo mi basterebbe così poco per la fine che ho in mente per te- rispose Kevin, ma sfoderò ugualmente il coltello. Il duca scattò in piedi. Nonostante l'età si aggirasse intorno alla settantina, sembrava ancora piuttosto in forma. E aveva una spada. Kevin non si era mai allenato veramente nell'uso del coltello. Non gli dispiacevano le armi, ma non se ne era mai veramente interessato. La sua arma era la parola, ma era fortunato: con lui avevano i suoi uomini, che intanto avevano sfoderato le loro armi. -Andate via- ordinò, e loro aprirono la finestra. -Ci penso io-
-Hai cinque minuti di tempo per accettare la mia proposta. Riponi quel coltello e sarai accettato a corte. Inventeremo una storia e un titolo nobiliare. Ti darò qualcuna in moglie-
-Io non sono un nobile. Io sono un Re- a costo della vita, era pronto a ucciderlo. Lo scontro sembrava imminente, ma nessuno dei due fece in tempo a vibrare il primo colpo. Dalla finestra entrò Alaya, una dei suoi complici, vestita da cameriera. E tra le sue braccia, i figli più piccoli del Duca. Due bambini di tre anni, gemelli. Svenuti. Kevin le si avvicinò e guardò quel bambini che sarebbero potuto essere figli suoi. Ne carezzò le guance paffute.
-C'è qualcosa di peggiore della morte- disse in un sussurro. Fece un cenno ad Alaya, che fece il gesto di strozzarli. Il padre gemette.
-No. C'è decisamente qualcosa di peggiore della morte. Non rivedrai più questi bambini. Saranno miei figli- ne afferrò uno e scapparono tutti insieme, ma fece appena in tempo a far salire Alaya e i bambini su un cavallo che arrivarono le guardie. E Kevin fu catturato, ma per fortuna Alaya aveva fatto in tempo a scappare.
Passò tre giorni in una cella sporca e scura, da solo. Senza possibilità di compiere i suoi riti. Senza possibilità di controllo. Era sicuro che i suoi uomini fossero scappati, ma non sapeva se sarebbero tornati a prenderlo o meno. L'idea di non poterli controllare lo stava facendo impazzire. Da tre giorni divennero tre mesi. Il Duca di sicuro stava facendo cercare i bambini, ma il fatto che ogni giorno andasse a trovarlo per cercare di estorcergli informazioni lo rassicurava sul fatto che non li avevano trovati.
Anche perché Kevin non avrebbe potuto dire assolutamene nulla, visto che non sapeva dove fossero andati i suoi uomini. Il Duca ci mise solo una settimana a passare alle torture. Il risultato fu che dopo un mese, una mattina Kevin si risvegliò cieco. I medici che lo visitarono per capire se fingesse o meno, non trovarono alcun danni agli occhi. Cecità isterica, ma non era un termine conosciuto. Restò al buio con sé stesso, sprofondando sempre di più nella disperazione. Tra dolore fisico e tortura psicologica. Non aveva più idea di dove si trovasse.
Riprese la vista quando inventò altri riti da fare, come contare con i polpastrelli le mattonelle della cella. Roba stupida, roba inutile. Roba che però riuscì a farlo mantenere concentrato.
Riuscì a fargli sopportare tutto.
Perfino le torture prima del patibolo. Perfino quando fu accoltellato prima di venir portato alla forca, così che dovessero portarlo di peso.
Ebbe una sola, immensa fortuna: Daniel.
Forse quel ragazzo ci teneva a lui in qualche modo, fatto sta che arrivò insieme a un gruppo di mercenari per salvarlo.
Una volta portato via, non riportò Kevin alla corte.
-Devi andartene. Ti cercherà per sempre, ci metti a rischio, te ne rendi conto?- e approfittando della sua debolezza lo mise su una barca pagando per il passaggio. Kevin non sentì la destinazione. Non sapeva dove fosse, ed era ritornato cieco, poiché gli veniva a mancare il controllo della situazione.
Sapeva solo che si trovava su una barca, che ogni tanto qualcuno gli disinfettava le ferite al fianco e alla schiena, così come sapeva soltanto di essere arrivato su una spiaggia e lasciato là con un sacco pieno di oggetti inutili. Un paio di ricambi di vestiti, due libri che aveva amato, l'iliade e l'eneide, alcune lettere in cui Daniel gli giurava che entro un paio d'anni sarebbe tornato a prenderlo, ma che intanto portava la compagnia in India. Lettere che non poteva leggere. Un uomo gli porse un bastone, e fu con quello che Kevin si mosse sulla spiaggia di Barringhton.
Senza sapere assolutamente dove fosse.
Senza denario. Senza nulla che gli ricordasse chi era.
[Modificato da Kevin.K 20/02/2016 23:17]
OFFLINE
Post: 510
Sesso: Maschile
27/02/2016 20:29

Il BG è ovviamente al limite: sia come contenuti, sia come richieste...

In linea di massima puoi considerare approvato tutto quanto. In passato ci sono stati diversi personaggi sopra le righe: non mi sento di negare a te, ora, questa possibilità.

Personalmente non amo i disturbi psichici/problemi mentali - come ti dicevo privatamente, a parer mio appesantiscono il gioco. Potrebbero appesantire il tuo. Ma chissà che non ne venga fuori qualcosa di buono. In ogni caso... ti tengo d'occhio!


- Soffre di un disturbo ossessivo compulsivo abbastanza grave;
- Cecità isterica;
- Il pg è ancora ferito, in particolar modo: una ferita in via di guarigione alla spalla destra, che però richieda cure; e diverse ferite da frustate sulla schiena.



Ok. Chiedi pure ai Maestri dei Mestieri di realizzare i tuoi oggetti da BG.
Per concludere:


Kevin
Descrizione Fisica: Presente
Allineamento: Neutrale Malvagio
Terra di provenienza: Germania [CENSIRSI NEL CLAN NORDICO]
Conoscenza lingue: Francese, Tedesco e Latino

Skill: Sotterfugio I


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