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Geinevre [MEZZELFO]

Ultimo Aggiornamento: 31/01/2016 21:40
OFFLINE
Post: 5
Città: ROMA
Età: 108
Sesso: Femminile
28/01/2016 16:27

Ciao! Di seguito i dati e il background di Ginevra. Grazie in anticipo :)

Capelli: Cenere, quasi bianchi
Occhi: Verdi
Altezza: 1,73 mt
Peso: 59 kg
Età: 16 anni umani - 64 reali
Allineamento: Legale Neutrale
Richiesta skill: Armi da guerra leggere

_______________________________________


"Guarda, caro, la bambina ha i tuoi occhi, verdi e vispi."
"Sì, ma ha i tuoi capelli."
"Così ti ricorderai di me..."
"Non dirlo! Starai bene. Saremo una famiglia."
"Sto andando... non dirle di me. Queste sono terre di umani: fa' che cresca normalmente..."
"Sarà nel fiore degli anni quando io morirò..."
"Allora aiutala ad andare incontro al suo destino."


Sono una mezzelfa.
Ma sì, mezzelfa: mezza umana e mezza elfa. Ora, dico io, non immaginate che abbia due parti separate o che si veda una linea di divisione... sono ben amalgamata!
Mi vengono in mente delle cose terribili, tipo il mio lato superiore che passeggia in cima a un paio di braccia bitorzolute e quello inferiore che sgambetta per conto suo...
Ma sto divagando. Sono una mezzelfa. Vivo (o, per meglio dire, vivevo) in uno di quei regni in cui non esiste una sostanziale differenza fra le specie: è per questo motivo, forse, che ho vinto la mia diffidenza e i capelli, lascito di una madre che non ho conosciuto, da ostinatamente lunghi per coprire un volto grazioso e delle orecchie a punta, hanno imparato quanto semplice sia tirare di spada se agghindati a tuppo. Sotto sotto, mio padre non ha mai perdonato la mia voglia di giocare alla guerra.
Sto divagando di nuovo. Cosa faccio (o, per meglio dire, facevo) nella vita? La riparatrice. Avete presente l'esercito di distruttori che dall'estremo Nord discende verso Ovest come un incontenibile marasma di metallo? No? Beh. Sono enormi combattenti imbacuccati nelle loro armature nere, che li fanno apparire come quei golem raccontati dalle fiabe per spaventare i sogni dei bambini. I riparatori non sono guerrieri: non amano le spade, le lance, gli archi, le asce... non lodano le armi. Coi loro bastoni adornati da rune, vedono. Vedono cose. Cose che alla gente comune non è dato vedere. Per chissà quale ragione, i riparatori riescono a toccare (e modellare) i materiali che compongono le armature dei distruttori - che contagerebbero, altrimenti, senza rimedio alcuno, il corpo e la mente di chi, senza il dono della vista, dovesse maneggiarne. Tramite questa facoltà, i riparatori sostituiscono in tutto e per tutto i guaritori delle altre terre: bastone prezioso alla mano e lavorando il metallo impuro perché sprigioni le sue qualità positive, curano il popolo e rimediano anche alle ferite più gravi. I riparatori sono sempre meno: è per questo che coloro che già possano fregiarsi di questo titolo vengono preservati in ogni modo; e i pochi che dimostrino di possedere le capacità per aspirarvi, vengono arraffati immediatamente e sbattuti sui libri. In parte ho mentito, sapete? Non ho mai raggiunto il titolo di riparatrice. Non ho mai compreso il significato di alcuna runa; non ho mai concluso gli studi, e, a dirla tutta, non li ho mai neppure cominciati. Volevo vivere appieno la battaglia e le sue emozioni. Proteggere la mia gente: prevenire direttamente il danno, piuttosto che subirlo e in seguito rappezzarlo.
Sto divagando ancora... cosa ricordo del passato? Le fughe dall'imponente biblioteca per tirare di spada coi soldati novizi. Se loro avevano una dose indubbia di forza in più, io sfruttavo la mia agilità migliore e, giorno dopo giorno, affinavo le capacità di coordinazione accompagnandole agli esercizi dell'acciaio: e i manichini divelti in solitaria e i duelli vinti confermavano la crescita della mia memoria muscolare. Non avevo un mentore, né quei giovanotti (inizialmente spavaldi, dunque gelosi, infine riluttanti a battersi ancora) seppero abbandonare la ritrosia di condividere esperienza con una ragazzina; ma imparai a farmi da autodidatta, e col tempo la lama divenne mia compagna. I distruttori si facevano sempre più vicini: come spesso capitava quando la mia gente auspicava di essere ormai al riparo, i neri arrivavano e distruggevano tutto quel che sbarrava loro il passo. Io, forte delle doti di spada acquisite e col piglio tipico di una giovane che creda di essere divenuta dispensatrice di morte, attendevo al varco i nemici e il mio momento.
Naturalmente, fui incosciente e avventata.
Ma sto divagando. E' l'ultima volta, lo prometto. Le prossime righe conterranno né più né meno lo sforzo delle mie meningi, in cerca di ogni dettaglio di quel giorno lontano. Il giorno in cui sono morta. Il sole era immobile nel cielo, in un eterno crepuscolo che adombrava il tramonto degli dèi...

"Perché io, Seedael?"
"Perché cercherai di tornare, in qualsiasi modo, per tua figlia. Non importa come: vivrai per lei."
"Basterà?"
"Sì."

Viinghart annuì lentamente, osservando il metallo fra le mani della riparatrice (la più anziana del consiglio e, non dubito, la più potente): metallo strappato dall'armatura di un distruttore e pronto per essere fuso all'acciaio della spada del capotribù. Una lama intrisa delle qualità di quel metallo, si diceva, avrebbe potuto abbattere l'invincibile Raze, condottiero dei golem in rapido avvicinamento e apparentemente immortale. La sua corazza rossa, svettante fra le scaglie nere che in lontananza parevano sancire l'arrivo di uno stormo di corvi grotteschi, respingeva ogni colpo e rinvigoriva costantemente la carne al suo interno.
"Come fai ad essere sicura che, uccidendo Raze, gli altri possano disperdersi?"
"Non lo sono. E' altamente probabile, tuttavia, che il sonno del Rosso sia per loro lo scacco."
"Il sonno?"

Un sospiro. Di Seedael. "Raze non può morire. E' per questo che tu, e tu soltanto, conoscerai il piano e assieme la sua fallacia. I tuoi uomini sapranno che l'arma che impugnerai non mancherà. Che sarà letale. Mai dovranno anche un istante soltanto dubitare dell'efficacia della tua spada. Se avverrà, anche Raze se ne convincerà, e la sua volontà avrà la meglio sulla tua."
"Mi stai dicendo che... dovrò convincerlo che stia morendo?"
"Sì. Sì, Viinghart. Egli dovrà credere che la sua fine sia giunta: che il danno che gli procurerai con la spada di cui ti farò dono non sarà sanabile. Allora, e solo allora, tu e i tuoi uomini potrete colpire la sua carne, poiché Raze non ripristinerà la sua corazza."
"Si risveglierà. E allora..."
"Lo farà. Tra decine o centinaia di anni. Lo farà."

Viinghart avrebbe voluto aggiungere qualcosa. Urlare, perfino. Da buon capotribù, eppure, piegò la testa, limitandosi ad osservarla sparire in lontananza e incassando il colpo. E quando la sagoma di sua figlia (me!) abbandonò le ombre nelle quali si era rintanata per origliare, ne subì un altro, ben più forte.
"No!" esclamò immediatamente, categorico, quando comprese dove avrei voluto andare a parare.
"Padre, lasciatemelo fare. Avete finto di non sapere dov'è che andavo, ma conoscete perfettamente la mia predisposizione..."
"La tua predisposizione era lo studio! Diventare una riparatrice e renderti utile per questa gente, quando..."
"La mia predisposizione è cambiata! Ho imparato a maneggiare una spada."
"Nell'istante in cui comprenderà che la spada possa nuocergli, avrà un solo obiettivo: te."
"Non ve lo sto chiedendo per coraggio o per ambizione: sono più abile di voi, padre. Abbiamo una possibilità soltanto... sprecarla è la morte di tutti."

Mi aspettavo che gridasse; che, pur di non vedermi sul campo di battaglia, mi mettesse personalmente ai ceppi. Non potevo immaginare che Viinghart, mio padre, decise di onorare col silenzio e l'accettazione la promessa fatta a mia madre in punto di morte.

Della battaglia, a onor del vero, non ho completa memoria. A notte fonda convincevo mio padre ad arruolarmi; l'alba seguente, lo stomaco ospitava un groviglio e tra le mani stringevo una spada leggera e scintillante.
Mentre l'esercito del Nord respingeva gli invasori, io mi muovevo agilmente nel furore della battaglia, cercando la sagoma rossa e imponente di Raze. Trovarlo non fu difficile. A dirla tutta, neppure vibrare il corpo che gli squarciò l'armatura all'altezza dell'addome. Egli era tanto sicuro di sé che non si accorse della fattura della lama, proveniente dalla sua stessa corazza, e grandi furono il suo stupore e la sua rabbia quando il tripudio di un esercito festante lo accerchiò, certo di vincere. Come mio padre, saggio, predisse, Raze non ebbe che un obiettivo: me. Un istante e il suo braccio proiettò un'ombra minacciosa su di me; quello successivo, venne il buio. Ero morta.

Ormai distanti dal furore dello scontro, non c'erano che la notte e la cantilena delle sue creature chiacchierone.
Ricordo che provai ad alzarmi: Seedael me lo impedì, carezzandomi la guancia sinistra. Oggi non provo più vergogna, ma allora ne ebbi. Neppure la sua arte riuscì a scucire dalla mia pelle il marchio di Raze. Eravamo sole.
"Dove siamo?"
"Dove sei morta."
"Cos...? Io..."
"Sì, figliola. Non puoi tornare. Non ancora. Ad oggi non hai nome: sei la giovane guerriera che lo ha ferito a morte."

Mi disse che, per l'incolumità mia e di quella del mio popolo, avrei dovuto dimenticare il mio passato. In parte ci sono riuscita: la mia infanzia è perduta. Ricordo ancora il mio nome e quel giorno, tuttavia, e per questo motivo vagabondo di terra in terra, cercando. E cercandomi.
OFFLINE
Post: 38
Città: ROMA
Età: 29
Sesso: Femminile
31/01/2016 21:40

Gran bel lavoro!

BG APPROVATO
SKILL ESPERIENZA ARMI DA GUERRA LEGGERE LIV.1 APPROVATA


Buon gioco [SM=g8080]




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