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Rawel [Mezzelfo]

Ultimo Aggiornamento: 19/06/2016 20:04
OFFLINE
Post: 3
Età: 36
Sesso: Femminile
17/06/2016 11:28

Nome Completo: Rawel Sweis

Provenienza: Francia, sud

Anni: 22

Altezza: 1.69

Occhi: Celesti

Capelli: Corvini

Aspetto:
Pelle diafana, fisico asciutto, slanciato. Occhi affusolati, labbra carnose. I capelli nerissimi le fanno da risalto al chiarore della carnagione. Ordinati ma un poco mossi naturalmente. Nessun segno particolare, oltre le appuntite orecchie della sua razza.

Lingua Parlate: Comune, non conosce l'elfico poiché non ha avuto alcun contatto con quella razza.


Allineamento: Caotico Buono

Skill Richiesta: Conoscenze Arcane +1

Oggetto da Bg: Sacchettino contenente le Rune

RUNE


***





"E' strana non trovi, Matthew?!"

Non erano solo le sue orecchie a punta, no… era, nella visione di insieme, tutta l'immagine di Rawel che stonava per la popolazione di quel piccolo villaggio al sud della Francia. Un paesino di cui lei non era mai riuscita a pronunciarne il nome, per quanto fosse terribilmente difficile da pronunciare. Era umana, ma era anche elfa, lei questo lo sapeva, ma gli altri no. Gli altri la chiamavano con tanti nomignoli strani e spesse volte bizzarri che la facevano piangere o peggio ammutolire. Uno però fra tutti la umiliava e la derideva più di altri: Sanguesporco. Sangue sporco poteva dire molte cose; sangue impuro, sangue misto, sangue non nobile, oppure sangue che merita di fare una bruttissima fine. Di essere cancellato, di essere dannato e maledetto.

Arrivò che era già grandicella a Saint Paul de Vence, una decina di anni, o poco oltre. Teneva stretto un orsacchiotto per una mano e l'altra stringeva quella di suo padre. Un uomo certo, niente di anomalo, mai avuto orecchie a punte o peculiarità rilevanti. Una bambina dai lunghissimi capelli corvini, due occhi vispi ed affusolati di un azzurro ghiaccio e… due orecchie appuntite che l'avrebbero consacrata come figlia del Diavolo. Una comunità fortemente religiosa si era subito dimostrata Saint Paul. Tant'è che suo padre trovò e comprò presto un cottage con annesso un appezzamento tutt'intorno all'edificio e lì vissero per ben dodici anni, tuttavia, tranquilli. Anni ridenti, anni felici, ma colmi di quella mancanza che solo una figura materna sa insinuare nella vita di giovani anime. "Ma' ma', sarebbe felice di vedere che impari, che sai leggere, che sai scrivere. Anche le favole, quelle piacevano anche a lei." Non mancava giorno in cui suo padre non ricordasse sua madre, il suo unico amore, l'amore di una vita. Un amore che morì per mano violente durante una rappresaglia di orde barbare sulle coste. "Mi racconti ancora la storia di quando vi siete incontrati pa'?" E lei non mancava mai di chiedere quella storia tutta per se. Così suo padre, che era un uomo sulla quarantina ormai, se la prendeva sulle gambe ed iniziava a narrare una favola, una fiaba, a Rawel sembrava così. "In un giardino incantato ella mi apparse, sulla soglia del tempio di Avalon ed io me ne innamorai…" iniziava sempre così ma finiva di ascoltare da un certo punto in poi. "Ma' ma' era una sacerdotessa della Dea, vero pa'?" annuiva perché sua madre servì la dea e fu una sua ancella, ormai molti anni fa. Questo sapeva e questo bastava ad entrambi per ricordarla. Oltre al fatto che sua madre era un'elfa e fu proprio da ella che ereditò le orecchie a punta e tutto quel corollario di caratteristiche che scoprì di possedere nel tempo, dopo la maggiore età.

"Che cosa sono io?" domandò una sera a cena, mentre suo padre la guardava e vedeva in ella il ricordo imperituro del suo amore. "Io non sono un'elfa come la mamma, ma non sono nemmeno come te, umano…" era vero, era vero e lo sapevano entrambi. "Sei una mezza elfa, allora, Rawel, sei un po' uguale a ma e un po' uguale alla mamma". Non ci voleva molto a capire che questa situazione, questo suo essere, la sua identità era la pietra dello scalpore che tanto la facevano sentire diversa da tutti laggiù. La deridevano, lo facevano come potevano e alcune volte le tiravano addosso verdure marce e le gridavano che lì non la volevano, che se ne doveva andare, che doveva sparire o ci avrebbero pensato loro, quelli del villaggio, a farle fare la fatidica brutta fine. Non era facile, riuscire ad affrontare queste realtà quotidiane era poi un'altra cosa. Si sentiva persa, smarrita, non sapeva perché fosse così e perché fosse toccata a lei quella sorte. Copriva le punte delle orecchie con i capelli tenuti sempre lunghissimi e non era solo quello. L'indifferenza costante con cui li ripagava non faceva altro che innescare maggiormente l'antipatia e l'odio della gente di Saint Paul de Vence.

C'era solo una persona che la guardava con interesse, una vecchia signora che viveva in un posto tanto isolato da non sapere se quel pezzo di terra su cui poggiava le fondamenta il suo piccolo capanno fosse ancora Saint Paul de Vence. Jehny la chiamavano, Rawel pensava proprio si chiamasse così, quando si rivolgevano ad ella urlando il nome al mercato; mercato a cui la nonnina andava una volta a settimana, da sola guidando il suo bel carretto trainato da un cavallo che aveva il manto maculato e chiaro. Il primo giorno che si conobbero, Rawel dovette affrontare gli occhi grandi e sinceri di quella che un tempo fu senza alcun dubbio una bellissima donna.

"Lo sai che sei diversa da loro, vero… Rawel?" Jehny le parlava con confidenza, come se l'avesse cresciuta ella stessa, come se, una bugia tra loro, non contasse niente.
"Devi prendere coscienza che sei diversa, non sei umana, come me, nel tuo passato ci sono parecchie cose splendide ed altre orribili" sembrava una profezia, un oracolo sibillino ed asciutto inviato a lei solamente. Rawel la guardava interdetta, con la bocca schiusa, segno di uno stupore celere ed evidente. Non sapeva cosa risponderle per paura forse di sapere cosa si nascondesse oltre lo specchio della sua vita sempre a metà, mezza umana, mezza elfa, convinta a volte, a volte proprio per nulla. Jehny caricava il suo carretto delle mercanzie del più vario genere. Un po' di frutta, un po' di pane, poi teli di stoffe, conchiglie, perle, leggenti e spezie dagli odori forti e aspri. Quando rimontò sul calesse prese le redini del suo cavallino e le lasciò un invito speciale.

"Lo sai dove abito, lo sanno tutti qui, se vuoi imparare qualcosa di veramente utile per il tuo futuro, vieni da me domani pomeriggio. E vieni sola, Rawel…"

Come poter rinunciare a quell'invito che per la mezzelfa altro non era che una carta sul tavolo ancora da girare, ma l'avrebbe svelata presto, oppure la vita era quella che gliela stava donando.
Così fece, del resto.

Si precipitò di buon'ora a casa di Jenhy, era davvero una capannina quel posto, ma tenuto bene, pulito e profumato. Dentro c'era odore di minestra e erbe bruciate e un continuo tintinnare di sonagli leggeri che ondeggiavano nella corrente. La trovò immersa in una sorta di cucito, un pezzo di stoffa forse, ho una treccia di cui non avrebbe saputo capirne il significato.

"Bene, ti aspettavo ragazza"

Si mise subito all'opera la nonnina. Lasciò tutto quello che stava facendo e tirò fuori da un sacchettino di cotone che aveva leggo alla cinta della vita, dei sassolini bianchi, meravigliosi sembravano conchiglie ma erano davvero belle, lucenti, così tanto splendenti. Ne fece cadere un paio sul tavolino di fronte e queste mostrarono la verità della forma e del segno.
"Queste sono le Rune, tua madre le conosceva Rawel, e ne faceva uso molto spesso, ora io ti insegnerò quello che so, affinché tu possa aprire il tuo cuore ed accettare il divenire del tuo presente che sta già cambiando" Non capiva, o almeno non afferrava tutto quello che Jehny conosceva su di lei, su sua madre.
Puntava solo i sassolini marchiati da segni dritti e perfetti. Linee dure che incutevano in Rawel un senso di inquietudine strana, tremante.

"Questa è Mannaz" disse "Il significato tradizionale di Mannaz è -uomo- nel senso di genere umano. E' lo stare con se stessi, capire se stessi, il punto da cui tutte le altre relazioni possono svilupparsi. La chiave di Mannaz è la natura dell'interdipendenza umana. Questa runa, Rawel, simboleggia lo sforzo, la cooperazione che le persone compiono per il raggiungimento di un bene comune.
Poi andò avanti e passò all'altra runa, una specie di X c'era disegnata sopra.
"Questa è Gebo", disse con voce certa "Significa -dono-. Le forze uguali ed opposte che vediamo in Gebo unite rappresentano la loro riconciliazione e integrazione. Il significato è dare, ricevere e mantenere l'Equilibrio, ricordalo Rawel. A livello spirituale Gebo rappresenta l'unione mistica del sé con la coscienza più alta. Attraverso la completa sottomissione dell'ego si raggiunge il dono più grande che è l'Unità del sé"
Annuiva, erano piccoli movimenti ma era rapita, ascoltò molto delle rune e delle sue interpretazione e ne conservava anch'ella la conoscenza ora.
"Questa è Ansuz" disse ormai alla fine "Ansuz incarna i principi dell'ordine e della ragione, della coscienza e della comunicazione. Il linguaggio è vitale ma non è che una faccia della comunicazione. Il suo significato è tradizionale, quando in una lettura apparirà Ansuz ci si può aspettare di guadagnare saggezza sia attraverso un consiglio da una fonte esterna, sia da noi stessi. Il consiglio ricevuto sarà sincerò e vi aiuterà"

La guardò a lungo, ma anche Rawel la guardava, fissandola tanto per essere stata compassionevole, tanto per avere usato gentilezza. Ma non finì affatto lì quel giorno, quel giorno durò molti altri, fino all'ultimo che strappò via Jehny da quel corpo mortale, da questa vita e da questo mondo. Erano ormai giorni che la vecchina non si alzava dal letto, Rawel le stette vicino come poté, preparandole il cibo, portandole da bere, ornando la casa di lei con i fiori che sapeva le piacessero.
Tutto era ormai alla fine, ma Jehny conservò tra le labbra un'altra verità.

"Rawel, dolce bambina…" gli occhi di lucidi della mezzelfa non le permisero di farsi vedere forte, forte e capace, il dolore della imminente scomparsa di quella donna la riempiva ovunque nel cuore.
"E' ora che tu giunga ad Avalon, Devi seguire il sentiero di tua madre, servire la Dea e divenire una sua ancella." Il fiato di Jehny era ormai un fuoco spento
"Promettimi che non butterai via questa vita in questo misero villaggio di gente che non ti renderà mai giustizia, saluta tuo padre e và… egli vuole lo stesso che voglio io, io che ho amato tua madre come se fosse mia figlia e non ho potuto fare per te lo stesso, ma devi promettermi che proverai, che tenterai. Nel tuo sangue c'è il richiamo d'Ella, non ignorarlo.
Ascoltava e capiva, capiva fin troppo bene a questo punto della sua vita. Avrebbe dovuto guardare in faccia quel destino che l'avrebbe abbracciata senza chiederle nulla.
"Io vado via, ma quando mi cercherai mi troverai dove sai, ti dono le mie rune, prendile ora sono tue."

Jehny spirò poche ore dopo. Dopo la sepoltura i giorni a venire furono amari, offuscati dal pianto e spenti.
Non aveva avuto il coraggio di promettere che avrebbe fatto qualcosa, che avrebbe tentato proprio come le aveva detto Jehny.
L'unico modo di mantener fede a quell'affetto era quello di partire alla ricerca di Avalon.
E se la Dea avrebbe seguito i passi svelti di Rawel questo lo racconteremo presto.



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Post: 38
Città: ROMA
Età: 29
Sesso: Femminile
19/06/2016 10:13

Ciao! Il BG va bene, andrebbe solo modificata la questione dell'età. 1 anno di un mezzelfo corrisponde a 4 anni umani: per farti un esempio, se all'arrivo nel villaggio Rawel appare come una bambina di 10 anni, di fatto ne ha una quarantina.
Tienine conto nel raccontare la storia del pg, cambia dove devi e ci siamo! [SM=g8079]




OFFLINE
Post: 3
Età: 36
Sesso: Femminile
19/06/2016 17:23

Ho apportato le modifiche sulla linea dell'Età... spero vada meglio :)

Nome Completo: Rawel Sweis

Provenienza: Francia, sud

Anni: 22 umani, 88 elfici

Altezza: 1.69

Occhi: Celesti

Capelli: Corvini

Aspetto:

Pelle diafana, fisico asciutto, slanciato. Occhi affusolati, labbra carnose. I capelli nerissimi le fanno da risalto al chiarore della carnagione. Ordinati ma un poco mossi naturalmente. Nessun segno particolare, oltre le appuntite orecchie della sua razza.

Lingue Parlate: Comune, non conosce l'elfico poiché non ha avuto alcun contatto con quella razza.


Allineamento: Caotico Buono

Skill Richiesta: Conoscenze Arcane +1

Oggetto da Bg: Sacchettino contenente le Rune


RUNE


***





"E' strana non trovi, Matthew?!"

Non erano solo le sue orecchie a punta, no… era, nella visione di insieme, tutta l'immagine di Rawel che stonava per la popolazione di quel piccolo villaggio a sud della Francia. Un paesino di cui lei non era mai riuscita a pronunciarne il nome, per quanto fosse terribilmente difficile da pronunciare. Era umana, ma era anche elfa, lei questo lo sapeva, ma gli altri no. Gli altri la chiamavano con tanti nomignoli strani e spesse volte bizzarri che la facevano piangere o peggio ammutolire. Uno però fra tutti la umiliava e la derideva più di altri: Sanguesporco. Sangue sporco poteva dire molte cose; sangue impuro, sangue misto, sangue non nobile, oppure sangue che merita di fare una bruttissima fine. Di essere cancellato, di essere dannato e maledetto.

Arrivò che era piccola a Saint Paul de Vence, due anni o poco oltre. Due anni all'apparenza umani per tutti. Teneva stretto un orsacchiotto per una mano e l'altra stringeva quella di suo padre. Un uomo certo, un uomo già sulla quarantina, niente di anomalo, mai avuto orecchie a punte o peculiarità rilevanti. Una bambina dai lunghissimi capelli corvini, due occhi vispi ed affusolati di un azzurro ghiaccio e… due orecchie appuntite che l'avrebbero consacrata come figlia del Diavolo. Una comunità fortemente religiosa si era subito dimostrata Saint Paul. Tant'è che suo padre trovò e comprò presto un cottage con annesso un appezzamento tutt'intorno all'edificio e lì vissero per ben dieci anni, tuttavia, tranquilli. Anni ridenti, anni felici, ma colmi di quella mancanza che solo una figura materna sa insinuare nella vita di giovani anime. "Ma' ma', sarebbe felice di vedere che impari, che sai leggere, che sai scrivere. Anche le favole, quelle piacevano anche a lei." Non mancava giorno in cui suo padre non ricordasse sua madre, il suo unico amore, l'amore di una vita. Un amore che morì per mani violente durante una rappresaglia di orde barbare sulle coste. "Mi racconti ancora la storia di quando vi siete incontrati pa'?" E lei non mancava mai di chiedere quella storia tutta per se. Così suo padre, che era un uomo oltre la quarantina ormai, se la prendeva sulle gambe ed iniziava a narrare una favola, una fiaba, a Rawel sembrava così. "In un giardino incantato ella mi apparse, sulla soglia del tempio di Avalon ed io me ne innamorai…" iniziava sempre così ma finiva di ascoltare da un certo punto in poi. "Ma' ma' era una sacerdotessa della Dea, vero pa'?" annuiva perché sua madre servì la dea e fu una sua ancella, ormai molti anni fa. Questo sapeva e questo bastava ad entrambi per ricordarla. Oltre al fatto che sua madre era un'elfa e fu proprio da ella che ereditò le orecchie a punta e tutto quel corollario di caratteristiche che scoprì di possedere nel tempo.

"Che cosa sono io?" domandò una sera a cena, mentre suo padre la guardava, invecchiava, e vedeva in ella il ricordo imperituro del suo amore. "Io non sono un'elfa come la mamma, ma non sono nemmeno come te, umano…" era vero, era vero e lo sapevano entrambi. "Sei una mezza elfa, allora, Rawel, sei un po' uguale a ma e un po' uguale alla mamma". Non ci voleva molto a capire che questa situazione, questo suo essere, la sua identità era la pietra dello scandalo che tanto la facevano sentire diversa da tutti laggiù. La deridevano, lo facevano come potevano ed alcune volte le tiravano addosso verdure marce e le gridavano che lì non la volevano, che se ne doveva andare, che doveva sparire o ci avrebbero pensato loro, quelli del villaggio, a farle fare la fatidica brutta fine. Non era facile, riuscire ad affrontare queste realtà quotidiane era poi un'altra cosa. Si sentiva persa, smarrita, non sapeva perché fosse così e perché fosse toccata a lei quella sorte. Copriva le punte delle orecchie con i capelli tenuti sempre lunghissimi e non era solo quello. L'indifferenza costante con cui li ripagava non faceva altro che innescare maggiormente l'antipatia e l'odio della gente di Saint Paul de Vence. Per non bastare, il suo tempo, la sua linea della vita passava molto più lentamente rispetto a quella di chiunque altro, perfino al tempo in dono concesso a suo padre. Suo padre invecchiava e suo padre morì e lei mostrava appena i suoi dodici anni umani. Ma era molto più grande, più cresciuta per quell'altra parte elfica di se stessa. Rimase sola, nessuno l'adottò e nessuno certamente la voleva, nessuno a Saint Paul de Vence si sarebbe preso cura di lei. Così imparò a fare da sola, a mantenersi da sola, lavorando negli orti e nei campi, guadagnando qualche soldo per poter mangiare ma anche sopravvivere a tutto quello. Era uno scandalo per la gente del villaggio e mal sopportavano quella strega di bambina tanto strana quanto pericolosa, dicevano. Se ne stavano ben lontani.

C'era solo una persona che la guardava con interesse, una vecchia signora che viveva in un posto tanto isolato da non sapere se quel pezzo di terra su cui poggiavan le sue fondamenta, il suo piccolo capanno, fosse ancora Saint Paul de Vence. Jehny la chiamavano, Rawel pensava proprio si chiamasse così, quando si rivolgevano ad ella urlandone il nome al mercato; mercato a cui la nonnina andava una volta a settimana, da sola guidando il suo bel carretto trainato da un cavallo che aveva il manto maculato e chiaro. Il primo giorno che si conobbero, Rawel dovette affrontare gli occhi grandi e sinceri di quella che un tempo fu senza alcun dubbio una bellissima donna.

"Lo sai che sei diversa da loro, vero… Rawel?" Jehny le parlava con confidenza, come se l'avesse cresciuta ella stessa, come se, una bugia tra loro, non contasse niente.
"Devi prendere coscienza che sei diversa, non sei umana, come me, nel tuo passato ci sono parecchie cose splendide ed altre orribili" sembrava una profezia, un oracolo sibillino ed asciutto inviato a lei solamente. Rawel la guardava interdetta, con la bocca schiusa, segno di uno stupore celere ed evidente. Non sapeva cosa risponderle per paura forse di sapere cosa si nascondesse oltre lo specchio della sua vita sempre a metà, mezza umana, mezza elfa, convinta a volte, a volte proprio per nulla. Jehny caricava il suo carretto delle mercanzie del più vario genere. Un po' di frutta, un po' di pane, poi teli di stoffe, conchiglie, perle, teli e spezie dagli odori forti e aspri. Quando rimontò sul calesse prese le redini del suo cavallino e le lasciò un invito speciale.

"Lo sai dove abito, lo sanno tutti qui, se vuoi imparare qualcosa di veramente utile per il tuo futuro, vieni da me domani pomeriggio. E vieni sola, Rawel…"

Come poter rinunciare a quell'invito che per la mezzelfa altro non era che una carta sul tavolo ancora da girare, ma l'avrebbe svelata presto, oppure la vita era quella che gliela stava donando.
Così fece, del resto.

Si precipitò di buon'ora a casa di Jenhy, era davvero una capannina quel posto, ma tenuto bene, pulito e profumato. Dentro c'era odore di minestra ed erbe bruciate e un continuo tintinnare di sonagli leggeri che ondeggiavano nella corrente. La trovò immersa in una sorta di cucito, un pezzo di stoffa forse, ho una treccia di cui non avrebbe saputo capirne il significato.

"Bene, ti aspettavo ragazza"

Si mise subito all'opera la nonnina.
Lasciò tutto quello che stava facendo e tirò fuori da un sacchettino di cotone che aveva legato alla cinta della vita, dei sassolini bianchi, erano meravigliosi sembravano conchiglie ma erano davvero belle, lucenti, così tanto splendenti. Ne fece cadere un paio sul tavolino di fronte e queste mostrarono la verità della forma e del segno.
"Queste sono le Rune, tua madre le conosceva Rawel, e ne faceva uso molto spesso, ora io ti insegnerò quello che so, affinché tu possa aprire il tuo cuore ed accettare il divenire del tuo presente che sta già cambiando" Non capiva, o almeno non afferrava tutto quello che Jehny conosceva su di lei, su sua madre.
Puntava solo i sassolini marchiati da segni dritti e perfetti. Linee dure che incutevano in Rawel un senso di inquietudine strana, tremante.

"Questa è Mannaz" disse "Il significato tradizionale di Mannaz è -uomo- nel senso di genere umano. E' lo stare con se stessi, capire se stessi, il punto da cui tutte le altre relazioni possono svilupparsi. La chiave di Mannaz è la natura dell'interdipendenza umana. Questa runa, Rawel, simboleggia lo sforzo, la cooperazione che le persone compiono per il raggiungimento di un bene comune."
Poi andò avanti e passò all'altra runa, una specie di X c'era disegnata sopra.
"Questa è Gebo", disse con voce certa "Significa -dono-. Le forze uguali ed opposte che vediamo in Gebo unite rappresentano la loro riconciliazione e integrazione. Il significato è dare, ricevere e mantenere l'Equilibrio, ricordalo Rawel. A livello spirituale Gebo rappresenta l'unione mistica del sé con la coscienza più alta. Attraverso la completa sottomissione dell'ego si raggiunge il dono più grande che è l'Unità del sé"
Annuiva, erano piccoli movimenti ma era rapita, ascoltò molto delle rune e delle sue interpretazione e ne conservava anch'ella la conoscenza ora.
"Questa è Ansuz" disse ormai alla fine "Ansuz incarna i principi dell'ordine e della ragione, della coscienza e della comunicazione. Il linguaggio è vitale ma non è che una faccia della comunicazione. Il suo significato è tradizionale, quando in una lettura apparirà Ansuz ci si può aspettare di guadagnare saggezza sia attraverso un consiglio da una fonte esterna, sia da noi stessi. Il consiglio ricevuto sarà sincerò e vi aiuterà"

La guardò a lungo, ma anche Rawel la guardava, fissandola tanto per essere stata compassionevole, tanto per avere usato gentilezza. Ma non finì affatto lì quel giorno, vi furono nei giorni e nelle settimane dopo diversi altri incontri, fino all'ultimo che strappò via Jehny da quel corpo mortale, da questa vita e da questo mondo. Erano ormai giorni che la vecchina non si alzava dal letto, Rawel le stette vicino come poté, preparandole il cibo, portandole da bere, ornando la casa di lei con i fiori che sapeva le piacessero.
Tutto era ormai alla fine, ma Jehny conservò tra le labbra un'altra verità.

"Rawel, dolce bambina…" gli occh lucidi della mezzelfa non le permisero di farsi vedere forte, forte e capace, il dolore della imminente scomparsa di quella donna la riempiva ovunque nel cuore.
"E' ora che ti giunga ad Avalon, Devi seguire il sentiero di tua madre, servire la Dea e divenire una sua ancella." Il fiato di Jehny era ormai un fuoco spento
"Promettimi che non butterai via questa vita in questo misero villaggio di gente che non ti renderà mai giustizia, dona il tuo ultimo saluto a tuo padre al cimitero e và… egli voleva lo stesso che voglio io, io che ho amato tua madre come se fosse mia figlia e non ho potuto fare per te lo stesso, ma devi promettermi che proverai, che tenterai. Nel tuo sangue c'è il richiamo d'Ella, non ignorarlo."
Ascoltava e forse cominciava a capire, capiva, capiva fin troppo bene a questo punto della sua vita. Avrebbe dovuto guardare in faccia quel destino che l'avrebbe abbracciata senza chiederle nulla.
"Io vado via da questo mondo, ma quando mi cercherai mi troverai dove sai, nel tuo cuore, ti dono le mie rune, prendile ora sono tue."

Jehny spirò poche ore dopo.
Dopo la sepoltura, i giorni a venire furono amari, offuscati dal pianto e spenti.
Non aveva avuto il coraggio di promettere che avrebbe fatto qualcosa, che avrebbe tentato, proprio come le aveva detto Jehny.
L'unico modo di mantener fede a quell'affetto era quello di partire alla ricerca di Avalon.
Passò del tempo però da quella scomparsa, prima che Rawel decise realmente di lasciare Saint Paul de Vence ed abbracciare il suo destino.
E se la Dea avrebbe seguito i passi svelti di Rawel questo lo racconteremo presto.

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Città: ROMA
Età: 29
Sesso: Femminile
19/06/2016 20:04

BG APPROVATO
SKILL CONOSCENZE ARCANE LIV.1 APPROVATA


Buon gioco! [SM=g8080]




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